271 non volle o non potè esser partecipe della delittuosa opera e concedere piena amnistia. Ai torbidi dei primi momenti si oppose ferma e salda la reazione di quanti paventarono più vasti effetti d’ordine generale, qualora ai colpevoli fosse stato abbandonato il compito di dominare la vita politica (1). La giustizia divina, vindice del misfatto, fece ricadere sopra le loro teste una pena spietata. Gli esecutori materiali uccisi (2) ; gli altri, complici necessari, ma piuttosto strumenti che ispiratori, costretti all’esilio, chi a Costantinopoli, chi nelle terre dell’impero franco, senza speranza di ritorno ; uno solo risparmiato, Orso Grugnario, ma anche di questo il destino trasse vendetta condannandolo a una esistenza di follia (3). (1) Si veda il confuso racconto deWOrigo (p. 135 sg.), nel quale la tragica scena è descritta con larghi particolari, in gran parte fantastici. In esso si risente la eco del tumulto propagato dal teatro dell’eccidio a tutta la città, della reazione scoppiata tra il popolo, del suo prolungarsi. S’avverta però che nel racconto è confusa la congiura contro il duca Pietro con quella precedente di Caroso contro il duca Giovanni e la soluzione di questa è attribuita a quella (ivi, p. 136). Si cfr. anche Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 118: sed divina dementia diu noluit inultum hoc permittere scelus. (2) Giovanni Diacono (Chronicon cit., p. 118) e l’autore dell'Origo (p. 135), seguendo evidentemente fonti diverse, concordano sopra il nome di uno, Stefano de Sablone, non sopra gli altri : Dimitrio Calabrisino e Pietro Genero Sali (f), nell’Oriffo ; Giovanni Gradenigo con due figli, Giovanni Labresella, nel Diac. Giovanni. L'Origo specifica : isti tres ante atrium ecclesìe intestaverunt illum et statini mortuus est. (3) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 118. Notevole ò la parte avuta dal vescovo di Equilo, Pietro, nella repressione della congiura. Pietro Candiano, Pietro Cletensie, Pietro Flabianico, Domenico Falier furono esiliati a Costantinopoli per Pelrum equiltgensem episcopum et Iohannem archidiaconem et Do-minicum Massonem. Il vescovo fu poi uno dei devoti seguaci della politica ducale durante la crisi religiosa, contro il patriarca di Grado (Giovanni VIII ai vescovi di Equilo e Malamocco, 1 dicembre 876 : Quam ingrati et inhumani fueritis erga reverendum fratrem nostrum Pelrum — in hoc maxime datur irdel-ligi — in quo — nullum vestrum comitem sue peregrinacionis habere promeruit — additum — quod — quasi rebelles, rupto umanitalis foedere, transistis ad hostes. Montico lo, p. 322 ; M. G. H., Epist., VII, 17, n. 19) e pare destinato in missione politica a Costantinopoli nell’876 in uno dei momenti più torbidi delle incursioni saracene e slave (Giovanni Vili al duca Orso, 24 nov. 876 : ille vero (Petrus), qui Constantinopolim ire refertur, si nondum abiit nec abire eia februarium mensem speratur ecc. Montico lo, p. 318 ; M. G. H., Epist., VII, 18, n. 21).