132 era stato altrimenti offeso, perchè il' teatro delle operazioni era trasferito in Istria. Evidentemente anche il corpo d’esercito vene-tico, al comando del figlio del duca, era stato qui associato alla difesa, come milizia ausiliaria bizantina. Se la provincia veneta non subì alcuna mutilazione territoriale, dovette risentire le conseguenze morali, e non solo temporanee, causate dalla permanente conquista longobarda dell’Istria. Spezzata a suo tempo l’unità politica fra territori istriani e venetici, sopravviveva l’unità spirituale, riflessa nell’ unità metropolitana grádense. La conquista dell’ Istria da parte dei Longobardi troncava anche questa, e isolava il ducato spiritualmente non meno di quanto fosse isolato sotto 1’ aspetto territoriale e politico. A breve scadenza F arcivescovo Giovanni con animo accorato denunciava alla Curia Romana gli insopportabili effetti dell’ arbitrio straniero sopra la chiesa istriana, e invocava con impressionanti accenti F opera riparatrice di papa Stefano, per impedire F estremo sfacelo dell’ unità ecclesiastica, per difendere il sacro patrimonio della Chiesa grádense, manomesso dai nemici, per liberare gli Istriani dalla violenza longobarda. La perfida gente longobarda, lamentava il presule grádense (1), ha invaso la nostra eredità, e i sudditi hanno abdicato ai loro doveri di obbedienza, perfino nelle ordinazioni ecclesiastiche, impunemente compiute dagli usurpatori. Per ordine del loro re, essi, nonostante le proteste pontificie, consumavano i peggiori arbitri contro le chiese, non permettendo agli attori di queste di percepire quel poco, che ancora non fosse distratto. In questa mala operazione essi trovavano insperata collaborazione in protervi prevaricatori, i quali si mantenevano contumaci agli ordini patriarcali e contraddicevano a essi. I vescovi trascuravano il dovere canonico di obbedienza al legittimo superiore ; rifiutavano di ricevere da questo F investitura del loro ministero ; con F aiuto del braccio secolare si erano staccati dalla naturale metropoli e provvedevano fra loro alla reciproca Venetian sive per aliunde qualiter potuisset. Ma l’arcivescovo di Ravenna rispose negativamente, in eo quod Desiderilis, Langobardorum rex, filium Mau-ricii, ducis Venetiarum, a pud se captum detineret, ne ipse Mauritius, filium suum eupiens ab eodern rege recipere, eundem Paulum illi vicaneum traderet (Cfr. Liber ponti}., Vita Hadriani cit., I, 491). (1) M. G. H., Epist., Ili, 712 sg ; Documenti cit., I, 46 sgg.