ì©4 Annali d’ Italia: tofene Gaio , e chiamatolo , gli dimandò , chi Credeva egli che foiTe : Un gran pa\\o , con gran fincerità rifpofe il buon uomo . E pur Gaio > che per tanto meno avrebbe fatto morire un intero Senato , male non fece a coitui , perchè più fopportava la Libertà de i Plebei , che de i Grandi . La via , che tenne Lucie Vitellio , Padre dell’ altro , che fu Imperadore , per falvare la propriavita, fu la feguente: Richiamato egli in quell’Anno dalla Soria , nel cui governo come Proconfole s’erà acquilVato non poco onore , con ripulfare Artabano Re de’ Parti , venne'a Roma . Gaio , parte per invidia alla di lui gloria , parte per paura di un perfonaggio sì generolo , avea già lìifata la di lui morte . Subodorato quello fuo (a-) Sucton. pericolo , ( a) Vitellio prefe il ripiego dell’ adulazione , e d’im-in inclito pazzire co i pazzi ,■ e prefentatolì davanti a lui con abito vile, e col capo velato , come iì faceva a i fallì Dii, fe gli prollrò a piedi con dirotte lagrime , dicendo , che non v era altri che. un Dio par• fuo capace di perdonargli , promettendo di fargli de’ fagrifizj , fe potea confeguir la fu a grazia . Non folamente Caligola gli perdonò , ma il tenne da lì innanzi per uno de’ fuoi principali amici. E Vitellio trovata così utile l’adulazione , continuò poi lotto Claudio Aùguilo a valerfene con perpetua infamia del fuo nome . Intanto non mancarono a Roma altri Spettacoli della pazza crudeltà di Caligola , accennati da Dione e da Suetonio , non potendoli abballai za efprimere , a quante metamorfoiì foffe luggetto quel cervello bisbetico , volendo oggi una cofa , domani il contrario ; ora amando ed ora odiando le medesime perfone ; prodigo inlìeme ed avaro ; lprezzator de’fuoi Dii , e un coniglio, qualora udiva il tuono ; tal-ora perdonando i gran falli , ed altre volte gaftigando colla morte i minimi ; e così decorrendo : tutti caratteri d’uomo, a cui s’eraintorbidato più d’ un poco il cervello . Fu anche creduto, che Cefonia fua Moglie con dargli una bevanda amatoria l’aveife conciato così. La qual pofcia fra le carezze che le faceva il Conforte, ne fentiva anch’ ella delle belle : imperocché baciandole il collo , più volte Gaio le dicea : Oh che bel collo , che Jubito che me ne venga talento , farà tagliato ! Ma fopra tutto tenne egli faldo il collume di far morire chi de’ Grandi non gli mollrava affai affetto o rifpetto, con avere fpeffo in bocca il detto di Azzio Tragico Poeta: Oderint, dum metuant . Mi odiino quanto •vogliono , purché mi temano . Un ) Sucton. £mjje tirannico motto fu in ufo a Tiberio ( b ). in Titer, cap. $9 Anno