x68 Annali d* I t a l i a. che ballò un Minoetto. Chi de’Nobili non potea ballare, cantava ; ed eranvi fcuole apporta, dove concorrevano ad imparare uomini e donne di prima sfera, fanciulle, giovinetti, e vecchi, per far pofcia con leggiadria il lor meitiere ne’pubblici Teatri. Che fe taluno non potendo di meno , per vergogna vi compariva mafcherato, Nerone gli cavava la mafchera 5 e fi venivano a conofcere perfone impiegate ne’ più riguardevoli Ma-giftrati. Ne’lo fteffo Nerone volle in fine effere da meno de gli altri. Ufcì anch’egli nella Scena in abito da Sonator di Cetra, ed oltre al Tuonare, fece fentir la fua da lui creduta melodiofa voce, la qual nondimeno fi trovò sì fomigliante a quella de" capponi cantanti, che niun potea ritener le rila , e molti piagneano per rabbia . Se crediamo a Dione, Burro e Seneca affittenti fervivano a lui di fuggeritori, e andavangli poi facendo plaufo colle mani e co i pan- (a) Tackus ni , per invitare allo iteiTo 1’ udienza . Tacito ( a ) anch’ egli lo at- r,b- ‘4- c. tefta di Burro, ma con aggingnere , che internamente fe ne af- (b) Sueton. fliggeva . Nè già era permelfo ( b ), allorché cantava quefto infi- ìn Nerone c. gne jyiaeftro, ad alcuno l’ufcir di Teatro per quallìvoglia bifogno , che gli occorreife . Quella era la voce d’Apollo ,• niun v’era, che poteffe uguagliarli a lui nella melodia del canto . Così gli adulatori. Volle egli ancora , che fi teneiì'e una gara di Poefia e d’ Eloquenza , e v’ entrò anch’egli coll’invito de’ giovani Nobili . Non è difficile l’immaginarii a chi toccafi'e la palma e il premio . Furono fimilmente richiamati a Roma i Pantomimi, perchè diver-tiffero il Popolo ne’Teatri, ma non già ne’Giuochi l'acri . Apparve in queft’Anno una Cometa. Il volgo imbevuto dell’opinione, che quefto fenomeno predicala morte de’Principi , cominciò a fare i conti su la vita di Nerone, e a predire, chi a lui fuccedereb-be . Concorrevano molti in Rubellio Plauto , difcendente per via di Donne dalla Famiglia di Giulio Cefare, perfonaggio ritirato e dabbene . Ne fu avvertito Nerone. Si aggiunfe , che trovandoli a definare il medefimo Imperadore in Subbiaco , un fulmine gli rovefciò le vivande , e la tavola. Perchè quel Luogo era vicino a Tivoli, Patria de’Maggiori d’eilo Plauto, lapazza gente perduta nelle fuperftizioni maggiormente fi confermò nella predizione fuddetta. Fece dunque Nerone intendere a Rubellio Plauto, che miglior aria farebbe per lui PAfia, dove egli poffedeva de i beni . Gli convenne andar là colla fua famiglia; ma per poco tempo, perchè da li a due anni Nerone mandò ad ucciderlo . Venne