102. Annali d’ Italia. lea , per mare arrivò colà . Ognun fi afpettava , che egli penfaf-fe a portarla guerra nella Bretagna; e forfè ne avea formato il * difegno: quancfecco fmontato egli di nave, falì fcpra un alto trono, fece ordinare in battaglia tutte le fchiere, e fonar le trombe , dare il fegno della zuffa , come fe foffe vicino un gran combattimento , lenza vederfi intanto nemico alcuno. Pofcia tutto ad un punto ordinò a’ Soldati di raccoglier fui lido quante conchiglie e nicchi potefiero nelle celate e nel feno, chiamandole fpo-glie dell’ Oceano , da portarli a Roma , e da metterli nel Campidoglio . In memoria di quella fua fegnalata vittoria fece fabbricare ivi un’ alta Torre . Vennegli anche in tetta prima di partirli dalla Gallia , di far tagliare a pezzi le Legioni , che fi rivoltarono molti anni addietro con tra ai Germanico fuo Padre, ed attediarono anche lui fteffo fanciullo. Tanto gli ditterò i fuoi Confi-glieri, che depofe così matta e crudel voglia; non poterono però tanto, ch’egli non perlilteffe nel volere almen decimare que’fol-dati . Feceli pertanto ratinar tutti fenz’armi e lenza fpada , ed attorniare dalla cavalleria; ma accortoli, che molti d’eili dubitando di qualche infulto, correano a prendere 1’ armi, fu ben pretto a levarli di là , e ad affrettare il fuo ritorno in Italia . Venne egli , ma pieno di mal talento contro al Senato. Si trovavano ltranamente imbrogliati i Senatori , per non fapere (a) tìriwcome regolarfi con un si fantaftico e pazzo Imperadore (a ) . Se in Caligala decretavano onori ftraordinarj per la fua pretefa vittoria de’ Cap'49 ‘ Germani e Britanni, temevano del male, quali che il beffaffero ; e non decretandone alcuno , o pochi a mifura dei di lui delìderj , ne temevano altrettanto . Egli in oltre avea fcritto di non voler onori ; e pur da lì a non molto tornò a fcrivere, lamentandoli, che Faveano defraudato del trionfo a lui dovuto. Ed avendogli il Senato inviato all’ incontro un’ Ambafceria, follecitandolo a venire a Roma: Verrò, verrò , rifpofe , e con quejla, tenendo la mano fui pomo della fpada. Fece anche pubblicamente fapere a Roma, ch’egli ritornava, ma folamente per coloro, che defi-deravano il fuo arrivo , cioè per F Ordine Equettre , e pel Popo- lo , perchè quanto a sè non lì terrebbe più per Cittadino , nè s per Principerei Senato . Nè dipoi volle, che alcun de’Senatori veniffe ad incontrarlo . O rifiutato , o differito il Trionfo , fi contentò del Ovazione: col qual onore entrò in Roma nel dì 31. d’Agoffo, giorno fuo Natalizio , conducendo feco per pompa que’ pochi prigionieri o difertori Tedefchi, che potè avere, a’quali