Anno XXXII. 7! nel fuo favorito,- e fe Tiberio, Signor così faggio, s’era ingannato in difpenfar tante grazie a chi ne era indegno , meritavano bene fcufa gl’inferiori, caduti nel medefimo inganno. Nè doveri! aver 1’ occhio all’ ultimo giorno di Seiano , ma bensì a i Tedici anni della di lui potenza , durante il qual tempo chi non volea perire , dovea ihfdiarii d’ e ile re a lui caro. E però chiunque voleiTe condennar chi non avea fallato in altro , che in amare ed onorar Seiano , verrebbe nello ileffo punto a condannar Tiberio . Fu af-foluto, nè Tiberio fe l’ebbe a male . Fu creduto daddovero in quell’Anno, eh’effo Tiberio tornaiTe a Roma (a); imperocché da Capri venne nella Campania, e po-(a) Tac'um feia continuato il viaggio fino al Tevere, quivi imbarcatoti , arri-ibidem. vò a gli orti della Naumachia preiì'o Roma , dove oggidì fi vede jiber.Ty^ il Moniilero delle Monache de’ Santi Cofma e Damiano . Erano diTpoili fulla ripa del Fiume corpi di guardia, acciocché il Popolo non fe gli accollaiTe. Ma non entrò in Città, fenza che fe ne Ta-peffe il motivo , e fe ne tornò poco dappoi a Capri. Altro non Teppe immaginar Tacito, Te non che foflè tirato colà dal fuo mal genio , per poter nafeonder entro quello fcoglio il fetore delle im-menTe Tue laidezze. Non è certamente permeilo ad oneila penna il rammentare ciò ch’eiTo Tacito e Suetonio non ebbero difficultà di propalare della deteilabil libidine di quell’ infame vecchio . Ballerà a. me di dire, che nel pollribolo di Capri ii praticarono ed inventarono tutte le più fozze maniere della fenfualità (¿), che fa-(b) Sueton, ceano orróre allora ad orecchie pudiche. E a tale ilato giunfe un.ibid.c.43. Principe di Roma Pagana, ma lenza che ce ne abbiamo a ilupi-re , perchè non conoicevano i Romani d’ allora, fe non de gli Dii compagni nella medeiìma fenfualità -, e per altro Tiberio era di coloro , che poco conto faceva de’medefimi, nè punto li temeva. Del folo tuono egli avea paura, e correva a metterli in teila la corona d’ alloro , per la credenza che quelle foglie fofiero rispettate da i fulmini. Morì in quell’ Anno Lucio Pijone, Prefetto ai Roma, che per venti anni con lode avea efercitata quella carica, e in ricompenfa del fuo merito il Senato gli decretò un pubblico funerale . In luogo fuo fu pollo da Tiberio Lucio Elio Lamia , il quale nell’Anno i'eguente diede aneli’egli fine a i Tuoi giorni. Morì parimente in quell’Anno Calilo Severo , Oratore di gran credito, ma portato Tempre alla Satira, e a lacerar la riputazione delle perTone illuilri. Per quello mal genio era ilato relegato da Augu-ito nell’ITola di Creta, e poTcia nella picciola di Serifo, dove in Tomo /. K e lire-