Annali d’ Italia. fece fcorgere in lui non un Tiranno, ma Un Principe degno di fomma lode pel favio fuo governo , per l’infigne moderazione fua, e per la cura di mantenere ed accrefcere la pubblica felicità. Può anche meritar qualche* perdono l’attentato fuo .’ Trovavafi da molto tempo vacillante e guaita la Romana Repubblica per le fazioni e prepotenze, che non occorre qui rammentare . •( a ) Bifo- (a) Tucìtus gno v’ era di un’ autorità fuperiore, che rimediaife a i partati difor- clini, e non lafciarte pullularne de i nuovi. Però la tranquillità di Roma è dovuta al medelimo , fe vogliam dire, fallo fyo . Nè egli a guifa de’Tiranni tirò a sè tutto quel governo , ma faggiamente feppe fare un mirto di Monarchia e di Repubblica , quale anche oggidì con lode fi pratica in qualche parte d’Europa. Felice Roma’, s* egli averte potuto tramandare a i fuoi Succertori, come F Imperio * così anche il fuo fenno e il fuo amore alla Patria. Ma vennero tempi cattivi, ne’ quali poi s’ebbe a dire : che Augufto non dùvea mai nafte re, o non dovea mai morire. Il primo per gli mali da lui fatti a fine di renderli padrorite ; il fecondo per l’amorevolezza e faviezza , con cui feppe dipoi governare la Repubblica , e di cui furono privi tanti de’ fuoi Succertori, non Principi ma Tiranni. Un gran faggio ancora del merito d’ Augufto furono gli onori a lui compartiti in vita, e più dopo morte. Vi avrà avuta qualche parte, non vo’negarlo , l’adulazione; ma i più vennero dàlia (lima , dall’ amore , e dalla gratitudine de’ Popoli, che lotto di lui goderono uno flato cotanto felice. E tali onori arri- (b) Ttcitus varono fino a i facrilegj . (¿) Imperocché a lui anche vivente fur ihìd