568 Annali d’ Italia. trovato nell’ erario Principefco , e nè pur ballavano al luiTo e alla (a"' Uerodìa- luffuria fua le rendite del Pubblico. Ne’ Borghi di Roma (a) avea nusiib. j. fatto fabbricare un altro Tempio di gran magnificenza . Venuto il Settembre conducea colà a fpaiToil fuo Dio , cioè quella pietra , di cui abbiam parlato , polla lopra di un carro tutto ornato d’ oro , e di pietre preziofe, e tirato da candidilfimi cavalli. Andava innanzi il folle Augulto , tenendo le briglie in mano, colla tella volta all’ Idolo , e camminando fempre all’ indietro . Era comporta la proceffione di tutto il Popolo , che portavaie Statue de gli Dii di Roma , ed ogni cofa più rara de’ Templi, con fiaccole accefe in mano , e corona in capo ; eveniva fiancheggiato dalla cavalleria e fanteria di Roma. Finita poi la folenne funzione , l'aliva V Impera-dore nelle altilfime Torri del Tempio, e di là gittava alla Plebe vali d’oro e d’argento , velli e panni di varie forte: il che finiva colla morte di parecchi affogati nella calca, o trapaffati dalle lande de’ foldati. Paffò poi la fua sfrenatezza più oltre , perchè non volendo effere da meno di Nerone , e degli altri abbominevoli fuoi predeceffori, la notte travellito , e con un cappellino in capo girava per le ofterie , e ne’bordelli, facendo delle infolenze . Aprì anche un portribolo nello rteffo Palazzo . Sovente faceva il carrozziere alla prefenza di tutti i Cortigiani, e di molti Senatori ; de’ Senatori dico , eh’ egli nulla rtimava, folendo chiamarli Schiavi togati. Più fpeffo faceva il ballerino , non folamente nell’ orchertra, ma anche ne’fagrifizj , ed in altre pubbliche funzioni. Di quello palio camminava lo fcapeftrato Augulto , perduta affatto ogni riverenza al fuo grado, e divenuto per le lue infami lafcivie 1’ obbrobrio del Mondo : quando gli faltò in capo di dar moglie al fuo Dio Elagaba-(M He-, od, lo. Sceife a quello effetto ( b ) la Statua delia Dea Urania, o lìa Ce-ibìdem. Ielle, venerara in Cartagine, oggetto di gran divozione ad ogni Città dell’ Altrica . Era effa Dea creduta la Luna, e però il pazzo Imperadore diceva , che elfendo quel fuo Dio il Sole , non potea darfi matrimonio più proprio e convenevol di quello. Quanto oro e cole preziofe fi trovarono in quel tempio di Cartagine , tutto volle portato a Roma , acciocché ferviffe di,dote al fuo Dio. Giunta poi quella rtatua, ordinò che in Roma e per tutta l’Italia fi facef-fero felle ed allegrezze , afin di onorar le nozze di quelli Numi. Non era egli un Imperador da legare ? (c) Dìoi.79 Qui racconta Dione (c) uno ilrano avvenimento , appartener te a quelli tempi, di cui potè egli effere ben informato , trovando- li allora in Bitinia. Sulle rive del Danubio comparve un perfonag- gi^