47° Annali d’Italia: afta contra di effe , o {cagliando freccie e dardi. Con tal giuftezza icaricava i colpi, che feriva quali fempre, dove avea prefa la mira. Quefto fu il folo de’pregj , ch’egli ebbe: che per altro differenza non ii fcorgeva tra lui, e un vero coniglio . S’ era egli avvez* zato a quefte caccie in Lanuvio, e ne’fuoi Palazzi di Villa , dove dicono , che ammazzò in varj tempi migliaia d’effe fiere . Per con-to de’Gladiatori infinite prove avea egli fatto, di quell’infame me-ftiere, combattendo con eiìì armato di fpada e feudo , nudo o pur veftitó , facendo anche tutti i Giuochi de’Reziarj , e de’Secutori, che erano fpecie di Gladiatori. Di fua mano uccife egli talvolta i competitori, fenza che alcun d’ eiìì ardiffe di torcere a lui un capello. Ordinariamente dopo aver quella canaglia foftenuto alquanta gli affalti, e riportata talora qualche ferita, fe gli dava per vinta , chiedendogli la vita in dono , ed acclamandolo pel più forte Impe* radore, che Roma aveffe mai prodotto . S’invanì tanto per tante fue lodi, e per la ftupenda fua bravura il folle Commodo , che per atteftato di Mario Maffimo, le cui Storie fi fono perdute , ma efi-ftevano a’tempi di Lampridio, ordinò , che ne gli Atti pubblici fi regiftraffero quefte fue ridicole vittorie, come già fi iacea delle campali riportate da gli eferciti Romani ; e quefte afeendevano a migliaia e migliaia. Arrivò egli sì oltre ( cotanto s’ era ubbriacato di quella vergognola gloria ) , che più non curando il nome d’Èrcole , s’invogliò di quello di primo fra i Gladiatori, con prendere anche il nome di un Paolo già defunto , e ftato mirabile a’fuoi dì nell’ arte obbrobriofa de’ Gladiatori. Ma troppo lieve parve in fine quella gloria a Commodo, perchè riftretta ne’fuoi privati Palagi, e nelle Scuole Gladiatorie. Gli venne il capriccio di farfi anche ammirare da tutto il Popolo Romano ; e però fece precorrer voce, che ne’Giuochi Saturnali foliti a (a) tlerodia- celebrarli nel Dicembre , ( a) egli folo volea uccidere tutte le fiere, MUDiol'l- *e combattere co i più bravi dell’Arena. All’avvifo di quella gran novità , incredibile fu il concorfo non folo del Popolo Romano, ma anche da varie parti d’Italia . Quattordici dì durarono quegli Spettacoli. Innumerabili e di vane fpecie, furono le fiere e le beitie, fatte venir dall’india, dall’Affrica, e eia altre contrade, che comparvero nell’Anfiteatro , e molte d’effe conofciute dianzi folamen-te in pittura. Si afpettava poi la gente di mirare il valorofo Au-gullo affrontar nell’Arena Lioni, Pantere, Tigri , Orli, e forni-glianti ieroci animali. Ma il per altro pazzo Commodo ebbe tanto fenno di far guerra a tali fiere da un corridore alquanto alto,