Anno CXXI. 337 ne, richiamato dalla Pannoniae Dacia. Creò Senatore Tafano , dandogli anche gli ornamenti Confolari, e dicendo , che non avea cofa più grande, con cui premiarlo. Anche Simile, l’altro Prefetto del Pretorio , iiccome diili all’Anno 118. dimandò il Tuo congedo . Entrò nel fuo pollo Setticio Cla.ro. Sì Turbone , che Claro erano due perfonaggi di raro merito ; ma anch’ effi provarono col tempo, quanto inllabile foiTe l’amore eia grazia di quello Impe-radore. Per quella mutazion d’ Ufiziali parendo oramai ad Adriano d’aver la vita in iìcuro , perchè di loro non fi fidava più, andò a follazzarfi nella Campania, dove fece del bene a tutte quelle Città e Terre, ed ammife all’amicizia fua le perfone più degne , eh’ egli trovò in quel tratto di paefe. Ritornato a Roma Adriano , come fe foiTe perfona privata , interveniva alle caufe, agitate davanti a i Confoli e a i Pretori ; compariva a i conviti de’ fuoi amici ,• e fe quelli cadevano malati, due ed anche tre volte il giorno andava a viiìtarli. Nè follmente ciò praticò co i Senatori -, fi flefero le vifite fue anche a i Cavalieri Romani infermi, e infino a perfone di fchiatta Libertina , follevando tutti con de i buoni configli, ed aiutando chiunque fi trovava in bilogno . Gran copia d’ effi amici volea fempre alla fua menfa. Alla Suocera fua, cioè a Matidia Augujla , Nipote di Traiano, compartì ogni poffibil onore, allorché fi faceano i Giuochi de’Gladiatori, e in altre occorrenze. Ebbe fempre in fommo o-nore Plotino. Augujla, Vedova di Traiano, da cui riconofceva 1’ Imperio . E a lei defunta fece un funtuofo fcorruccio . Gran rifletto ancora moflrava a i Confoli, fino a ricondurli a cafa , terminati eh’eranoi Giuochi Circenfi. Anche conia più baila gente parlava umaniilìmamente , deteflando i Principi, che colla loro altura fi privano del contento di mandar via foddisfatte di sè le perfone . Con quelle azioni prive di fallo , piene di clemenza (a) fi procac-ciava l’affetto del Pubblico ; e lodavafi nel medefimo tempo la continua fua attenzione al buon governo ; la fua magnificenza nelle fabbriche; la fua provvidenza ne’bifogni occorrenti, e fpezial-mente nel mantenere 1’ abbondanza de’viveri al Popolo . Affaifìl-mo ancora piaceva il non effer egli vago di guerre, che d’ordinario coflano troppo a i fudditi. Tanto le abborriva egli, che fe ne inlorgeva alcuna , più toflo fi fludiava diaggiuflar le differenze co i negoziati, che divenir all’armi. Non confifcò mai i beni altrui per via d’ingiuflizie : troppo fi pregiava egli di donare il fuo ad altri, non già di far fua la roba altrui. In fatti grande fu la fua Tomo I. vu libe-