Anno CCXXl. f®9 gìo , creduto da effo Dione un Dio, cioè un Demonio , che di-* ceva d’effere Aleffandro il Grande, quale veramente pareva all* alpetto , ed all’abbigliamento. Seco menava quattrocento perfo-ne , portanti in mano de i tirfi, e addoflo pelli, come fi iblea dipignere Bacco , ed imitanti quel Dio , e le Baccanti colle lor danze e follie. Pafsò per la Melìa e per la Tracia , fenza far male ad alcuno; nè i pubblici Miniftri , nè Soldati gli fi opposero mai ; anzi tutte 1% Città, per dove andò , gli preparavano 1* alloggio , e fomminiitravano • quanto gli bifognava. Arrivato a Biiànzio , pafsò lo Stretto, e venuro a Calcedonia, dopo aver ‘ quivi creato un Sacerdote, difparve , fenza apparire, che ne foffe divenuto . Ma un altro Aleffandro , non già immaginario come quello , fi vide in quelli medelimi tempi in Roma . (a) Giù- (aòHerodi* Ha Mammea, Figliuola anch’eiTa di Giulia Mefa , Siccome di fopra accanammo , avea un Figliuolo appellato AleJJìano, Cu- 10 1'7P gino per confeguente dell’ Augullo Elagabalo, ma giovinetto d’-ottimi collumi, ed affatto diverfi da quel moitro regnante. Già dicemmo, che Donna accorta foffe Giulia Mefa. Coltei ol-fervando le tante pazzie ed infamie del Nipote Auguilo, per le quali cominciò aneli’ ella ad odiarlo , ben confiderò , eh’ egli non potea furare l'ul Trono, e che pretto o tarai farebbe il fine de gli altri troppo Screditati Imperadori, e che ella con effo rimarrebbe Spogliata dell’autorità , con pericolo anche di peggio. Prefe dunque ad efaltar l'altro Nipote Alefjiano ; e per ben condurre il difegno , deliramente infinuò ad Elagabalo , che giacché egli er i occupato nella divozione verfo il fuo gran Dio , bene farebbe lo fcegl ere perfona, che per lui accudiffe a i pubblici affari ; e queito doverli prendere dalla ’Cafa propria, e non altronde , proponendogli in fine il Cugino Aleffiano . Piacque ad Elagabalo q ieila proporzione ; e però entrato un dì in Senato coll Avo- li Mefa, e con la Madre Soemia , dichiarò, che adottava per Suo ligi uolo Aleffiano, dandogli il titolo di Cefare, e il nome di Alef-Jandro , fpacciando, che ciò faceva per ordine del Suo Dio Elagabalo . Dilegnollo ancora Confole per 1’ Anno proffimo venturo . Rilero i Romani al vedere, ch’egli in età di circa diecifette anni voleva intitolarli Padre del Cugino, che già era in età di tredici o quattordici anni. Dione gli dà anche più età, che allo Steffo Elagabalo. Tuttavia tanto ì Senatori, che i foldati di buon cuore accettarono il novello Cefare, già confapevoli del di Lui’ Tomo I. Cccc buon