410 Alessandro Vili. 1689-1691. Capitolo I. aveva rinnovato ancora questo vecchio errore nel collegio dei gesuiti a Pont-à-Mousson, contraddetto bensì anche dai gesuiti Alessandro Vili lo condannò di nuovo il 24 agosto 1690.1 Contemporaneamente fu condannata una seconda proposizione, che destò più scalpore. Si trattava del cosiddetto peccato filosofico. I teologi si erano posti da lungo tempo la questione, se ogni pec-cato, come trasgressione della legge divina, sia un’offesa di Dio, anche da parte di colui, che senza sua colpa non conosce il vero Dio o peccando non pensa a Lui. Nelle proposizioni enunciate dal gesuita Musnier nel 1686 a Digione, quindi da un altro gesuita «lei Belgio, nel 1690 per esercizi di disputa, la possibilità e la realtà di questi peccati « filosofici » sembrava affermata od almeno non esclusa. L’Arnauld prese in mano la questione per denunziare in cinque scritti* la nuova eresia al papa ed ai vescovi, ai principi, alle autorità; egli sosteneva, che i gesuiti erano costretti secondo i loro principi ad ammettere, che si facciano una quantità innumerevole di peccati, che non sono peccati « teologici », e cioè non sono offese di Dio e non meritano la pena eterna. L’accusa non era giusta neppure contro il Musnier, poiché, come questi dichiarava espressamente, la tesi di lui era intesa solo condizionatamente: egli aveva voluto dire unicamente, che, dato che esista una ignoranza di Dio non colpevole, poteva darsi una trasgres sione dell’ordinamento retto, che non fosse un’offesa di Dio, e quindi un peccato puramente « filosofico ». Ma in ogni modo la tesi di Digione non era formulata chiaramente e venne condannata a ragione da Alessandro Vili. Così veniva asserita una verità impor tante, che nella sacra scrittura è ripetutamente espressa, ed è confermata anche dalle recentissime indagini etnologiche, e cioè, che anche il pagano, non ostante il suo Pantheon svariato, conosce ancoro sufficientemente il vero Dio. La disputa sul peccato filosofico ora stata frattanto agitata in larghi ambienti; essa forni occasione ai giansenisti «li far poesie satiriche sui gesuiti, che presto furono cantate per le strade,® per non dire degli scritti polemici sull’argomento.4 Al passo contro taluni eccessi degli avversari dei giansenisti seguì ora, alla fine del 1690, l’esecuzione di quanto era stato progettato da lungo tempo contro i giansenisti stessi.* Il papa, bensì, * Le BaCKBLBT nel Dici, ile tkéol. calh. I (1903) 749 -751; Demisgek n. 1289».; [D’Avriont] III 336-342; D. Bouhocrs, Smtimrnt de* JJtuiie* touchnnt le prche i>hilo*ophique, Parigi 1690; SOXXKRVOOXL V 288, 1470*. 1 ¿Ettore* XXXI 1-397. * [D'Avriont] III 341. 4 Sommkrvogkl V 1470-1473; cfr. 288. * I.E Bachklkt, loc. cit. 751-763; Dexzixger n. 1291-1321; [D’Avrj-ost] 111 342-350. Un * Jmto Manicotti del 12 agosto 1690 annuncia, che