Il giuramento ai vicari apostolici nelle Missioni. 337 Il giuramento venne richiesto nelle Missioni a cominciare dal _ igno 1680, ma sorsero immediatamente grandi difficoltà. L’arci-v covo di Parigi, De Harlay, trovò il giuramento incompatibile cdle libertà gallicane, e Luigi XIV proibì a tutti i Francesi di prestarlo. Il Pallu si trovò ora in un imbarazzo non piccolo. La resisi.nza al re avrebbe esposto lui e il Seminario delle missioni straniere ai più grandi pericoli; d’altra parte, però, la Propaganda non non era d’accordo colle mitigazioni da lui proposto per la richiesta del giuramento. Un aiuto venne in ciò al Pallu dalla parte d;i cui probabilmente se lo sarebbe aspettato meno, cioè diii gesuiti, ch’egli aveva escluso dal suo progetto primitivo di mitigazioni. Il generale dell’Ordine, Paolo Oliva, comandò ai suoi soggetti nell’Asia orientale, in data 26 giugno 1680, di prestare il ptiramento, e fu obbedito. Per incitamento dell’Oliva il confessore «lei re La Chaize ottenne da Luigi XIV per i missionari francesi il permesso di prestare il giuramento; bensì essi dovettero in ciò dichiarare espressamete di prestare il giuramento col permesso del loro re. La Propaganda fu malcontenta di questa clausola, che aveva un forte sapore di gallicanesimo, ma alla fine si accomodò.1 Presso gli altri Ordini il giuramento urtò in difficoltà ancora assai maggiori, che presso i gesuiti. Gli agostiniani e i francescani di < inton lo ricusarono, dei domenicani alcuni lo prestarono, ma ne furono severamente biasimati dai loro superiori; altri domenicani irebbero stati piuttosto pronti a lasciar la missione, che a predarlo. La difficoltà era nel fatto, che i missionari spagnuoli dipendevano per il loro mantenimento dai sussidi del loro re; ora, i funzionari spagnuoli consideravano il giuramento a vicari francesi addirittura come alto tradimento. Inoltre il Breve papale prescriveva, che questo doveva essere comunicato per mezzo del generale dell’Ordine; ora, ciò non era avvenuto, e quindi mancava la promulgazione necessaria.* I missionari portoghesi dovevano pure -‘•egliere tra l’obbedienza al loro re e quella alla Santa Hede. * Noi siamo », scrive nel 1682 il gesuita Maldonado,* « tra l’incudine ** il martello; da un lato premono i decreti di Propagando, dal-' altra il governo di Lisbona ». Ma ai Portoghesi bisognava aver riguardo; essi potevano non solo sottrarre ai missionari il loro appoggio, ma far sentire il loro scontento agli Ordini interi. ‘ Brccker, loc. cit. LXVII (189«) 504-306. Il 15 gennaio 16S3 il gemila rme»e Ferd. Verbiest aveva scritto a Gregorio Lopez, che. »e venisse a cono-"’ou* del sospettoso governo cinese, che i missionari pnwlniwo giuramenti di obbedienza a chicchessia, ciò poteva significare la rovina delia missione. Si faceva ogni »fono, perchè non fosse conosciuta neppure l'esistenza di un Provinciale gesuita. SojncBKVOOSL, Bibiiotkiqme Vili 582 h. * Bikrmaxx 138-140. * Al generale deil'Ordine Norclle il 15 e 16 novembre 1682, negli Ana-lede», loc. cit. 187. »**•10». Storia ¿i Pmpi. XIV. t. 22