L’udienza di congedo. Ora Mezzabarba non aveva più nulla da fare imi Cina. Il 20 gennaio ebbe tuttavia ancora un’udienza, in seguito alla mediazione dei gesuiti, e in essa Ranghi sfogò un’altra volta il suo cordoglio contro Pedrimi e Maigrot, come autori di tutte le complicazioni e contro il Papa. Il legato lo pregò di potere intraprendere la via del ritorno, ciò che gli fu concesso a condizione che riverrebbe poi in Cina con una risposta favorevole del Papa.1 L’ira dell’imperatore si riversò tanto sul Pedrini il quale aveva dovuto preleggere uno dei suoi scritti d’accusa contro i gesuiti alla presenza loro, quanto sul superiore dei gesuiti Laureati, il quale con la sua mediazione, aveva reso possibile il viaggio di Mezzabarba dall’imperatore. Egli venne scoperto nel suo nascondiglio che era una casa al di fuori di Pechino e gettato in catene.2 Però sai preghiera del legato, egli ottenne di nuovo la libertà.3 In seguito Mezzabarba potè comparire ancora più volte innanzi all’imperatore. Il 2G gennaio Ranghi gli espresse di nuovo il suo pensiero circa le tavolette degli antenati : nessuno crede che là dentro stiano le anime dei trapassati e nessuno s’attende o invoca, da loro alcunché.4 II 27 l’imperatore in un banchetto solenne onorò il legato e l’ambasciatore russo offrendo loro un’altra voltai di propria mano un calice di vino,5 gesto che Ranghi ripetè il 1 marzo nell’udienza di congedo.6 Per il Pedrini, Mezzabarba dovette intervenire nuovamente. L’imperatore infatti aveva fatto abbozzare dai mandarini una descrizione degli avvenimenti in occasione della missione Mezzabarba, ma Pedrini si rifiutò di apporvi la firma, poiché in essa egli veniva accusato di aver trasmesso a Roma delle menzogne. L’imperatore lo fece perciò bastonare, dopo di che il Pedrini si adattò finalmente a sottoscrivere. 7 L’intercessione del Mezzabarba per il Pedrini fu questa 1 Anecdotes IV, 250-254. Laureati a Cerû febbraio 1721, ivi 200; efr. 255, 258. 5 Ivi 206. | ¿(I 1 « Le monarque lui dit, que la cause pour laquelle il avoit été envoyé étoit ''nie. qu’u croyoit devoir encore lui déclarer, que la doctrine des tablettes n’étoit '""forme ni â celle de Confucius ni aux loix de l’empire, et qu’elle doit son in-slitution à la fantaisie des peuples, qui depuis deux cent ans au plus, avoient f»lt des potraits, qu’on a gardés pour conserver le souvenir des ancêtres ; que ,s Peuples s’apercevant du peu de ressemblance de ces potraits, leur substituent des tablettes avec l’inscription: "Siège de l’esprit”, quoique tout le Monde fût persuadé que l’esprit des défunts n’étoit pas présent â ces tablettes, ’■niqaemgnt établies pour se rappeller le souvenir des ancêtres; que personne ® en espéroit ni bien avantage et que par conséquent on ne leur demandoit rien ». Iv‘ 268 s. 4 Ivi 271. 0 Ivi 328. 7 Ivi 309, 311, 317, 326. Cfr. sopra p. 364.