tournon apre il suo animo con Ranghi. 339 D’altra parte Bouvet credette che il modificare gli ordini imperiali potesse portare le più gravi conseguenze e perciò, arrivato a Canton, esigette che Mariani si attenesse a tali ordini. Alla notizia di tal passo di Bouvet, Tournon si accese tutto d’ira; e dichiarò che Mariani avrebbe dovuto gettare i doni in mare, prima di consegnarli al Bouvet; a quest’ultimo farebbe arrivare '’ordine di ritirarsi per mezzo di Gerbillon, superiore dei gesuiti francesi in Pechino. Gerbillon vide appressarsi un nuovo temporale e, prima ancora di ricevere l’ordine di Tournon, scrisse a Bouvet di lasciare al Mariani la cura dei doni; se l’imperatore si adirasse, si cercherebbe di rabbonirlo. La situazione isa era svolta in tal modo, quando nuovi urti vennero ¡a complicarla maggiormente. Mentre il patriarca colla cura delle acque termali cercava di ristabilire la sua salute, il 1° giugno 1706 si recarono a visitarlo il gesuita Stumpf e un mandarino. Tournon ordinò al gesuita di ritirarsi ed espresse al mandarino il suo desiderio di aprire all’imperatore il suo cuore. Kanghi lo permise volentieri, ma un improvviso grave malessere del prelato ritardò l’udienza, fino che Kanghi il 20 giugno mandò un mandarino al quale il legato volesse confidare quello che intendeva comunicare. Tournon rispose che se uno stretto comando del l’imperatore non stabiliva altrimenti, egli poteva confidarsi soltanto all’imperatore poiché la cosa riguardava la persona del sovrano e la sua famiglia. Ma questo, secondo la concezione cinese, era una grave sconvenienza, perchè in Cina era inaudito che uno che arrivasse dall’estero osasse dare importanti consigli all’imperatore. Kanghi ne fu in realtà sdegnato e più sdegnato fu ancora il Tournon quando ricevette l’ordine di aprirsi finalmente alPimperatore. A voce alta, senza riguardo al segreto che, come egli diceva, non era comunicabile che all’imperatore, egli cominciò ora a sfogare in accessi d’ira la sua agitazione; essere veramente più cosa riguardante l’imperatore che lui stesso, così egli esclamava, il fatto che Bouvet sd spacciava per ambasciatore e che i portoghesi non volessero lasciar passare nessuno al servizio di S. Maestà che non facesse il viaggio per la Cina attraverso ili Portogallo. Tutto il seguito del legato comprese subito quali noie egli si sarebbe, potuto tirare addosso con tali discorsi; nessuno voleva fare di ciò l’interprete, fino che ci 81 indusse Appiani. Ma i mandarini si rifiutarono di riferire tal cosa verbalmente, cosicché si lavorò fino ad un’ora prima di mez-Zan°tte, per darvi una formula scritta. I gesuiti si rivolsero al vescovo di Pechino affinchè calmasse ;e ire del legato e anche il seguito di Tournon cercò di tranquil-■ Zzarlo. Ma tutto fu vano. Il patriarca rispose che egli doveva salvaguardare il servizio della Santa Sede e costrinse il suo riluttante cancelliere a mettere i suggelli allo scritto.