148 Clemente XL 1700-1721. Capitolo V. pesante erudizione teologica tolta dai padri e dagli scolastici. Quesnel possiede lo slancio e la duttilità dello spirito, sa scrivere in tono pio, insinuarsi nei cuori e dominarli. I suoi primi opuscoli sulla confessione e la comunione, sulla passione di Cristo, sulla felicità della morte cristiana vennero accolti con grande plauso ed ebbero parecchie edizioni.1 Ma dopo la sua fuga dalla Francia l’ispirazione ascetica di Quesnel inaridisce sempre più e in tal riguardo egli si limita alla elaborazione della sua opera principale. In quella vece dal suo nascondiglio di Bruxelles o di Amsterdam lancia una vera inondazione di scritti polemici. Ora si batte contro l’arcivescovo di Malines e contro condanne vescovili e papali, ora esalta o difende Amauld; poi si sfoga contro i gesuiti che, secondo lui, sono la causa di tutto il male ; qua e là egli interviene come avvocato della Chiesa contro i calvinisti, il che facendo riesce sottomano a difendere le dottrine giansenistiche. In poche parole niente avviene nelle Fiandre e in Francia sul terreno religioso che non gli offra occasione di intervenire.2 Ma in ciò non segue l’esempio di Ar-nauld il quale talvolta riempie con uno scritto polemico un volume in quarto, ma fornisce per lo più soltanto degli opuscoli di piccola mole o di alcuni fogli. E mentre Arnauld di fronte a Roma mantiene pur sempre le forme esterne e cerca di evitare una rottura aperta, il caratteristico degli scritti di Quesnel è invece che in essi il giansenismo getta la maschera e passa apertamente all’attacco. Quando Alessandro Vili, nel 1690, con la condanna di 31 proposizioni, colpì gravissimamente il giansenismo, Quesnel, in un violento scritto polemico3 proclamava il tribunale romano una spelonca di ladri, poiché là si veniva condannati senza essere sentiti e i consultori erano uomini ignoranti che si lasciavano guidare da riguardi di partito.4 Ai dottori parigini che nel 1703 si erano sottomessi alla decisione del loro arcivescovo circa il « caso di coscienza », ritirando la loro propria soluzione, lancia il titolo di mascalzoni, vigliacchi, ipocriti, spergiuri che sacrificano la loro coscienza a umani riguardi.5 II suo modo di scrivere fece scuola. Altrettanto violentemente del Quesnel scrive il maurino Gerberon " 1 II giansenista Batterel (IV 451) dice : « Nous n’avons jamais eu de plume dans l’Oratoire qui ait parlé de Dieu d’une manière si noble, si élevée, si lumineuse; j’ajoute, si pure et si élégant». 2 Elenco delle pubblicazioni in Batterei, IV 451 ss. » Lettre d’un abbé à un prélat de la cour de Rome. Tolosa 1091, proibita dall’arcivescovo di Malines, 1G95, dall’indice 1703. Reusch II 527. ■i Fontaine I 23. s Lettre d'un évêque à un évêque ou Consultation sur le fameux Cas de conscience (1704). [Patouuxet] II 485. o TJn esempio ( [PatouEllet] II 490): l’arcivescovo di Reims, che ha con-