61 I profughi invece erano guidati dal loro tutore spirituale, dal vescovo padovano, che, dopo la distruzione della città, con i compagni di sventura cercò scampo nelle isole della laguna. La leggenda allude e ricorda la migrazione padovana a Mala-mocco, senza precisare l’epoca, se prima o dopo la supposta erezione degli episcopati lagunari per opera del patriarca Elia (1). L’episcopato matamaucense, asseriscono i testi gradensi, era oriundo da Padova, e fu fondato quando il popolo padovano con il suo vescovo venne ad abitare nell’isola. Il placito liutprandino del 743 (2), riepilogando la storia del titolo opitergino avanti lo smembramento alla metà del sec. VII, rivela che da molto tempo, verosimilmente dal principio del secolo, i titoli di Padova e Treviso erano riuniti nella medesima persona. La spiegazione è intuitiva. Il titolare del vescovado padovano, che effettivamente esisteva, era assente (3), sia pure temporaneamente, per forza maggiore, e il governo della diocesi affidato al vescovo trevigiano (4). Il documento ufficiale conferma la veridicità del fatto principale asserito dalla leggenda : l’espatrio del vescovo di Padova al seguito del popolo fuggiasco, dopo la distruzione della città. Ma un’altra conseguenza di capitale importanza derivò dalle imprese militari agilulfiane del 601-603 e dalla conquista longobarda del territorio tra Brenta ed Adige, e forse oltre. In questo breve tratto i Longobardi guadagnarono l’estremo margine costiero ed estesero fino a esso il proprio dominio, interrompendo la diretta comunicazione terrestre tra i residui brandelli veneti sottoposti ai bizantini e il corpo principale. Da questa audace manovra sortiva meglio definita la nuova Venezia. Per quanto ancora, e per poco, la sede di governo restasse unita alla terraferma mediante il baluardo di Oderzo, il ducato aveva assunto fisionomia lagunare tra (1) Origo cit., I, 43, 46, 155, 159, 169. (2) Chbottst, Untersuchungen cit., p. 207 sgg. ; Botteon, Un prezioso documento cit., p. 4 ; Cessi, La crisi cit., p. 831 sgg. ; Documenti cit., I, 41 sgg. (3) Nella sinodo del 680 è sottoscritto il vescovo di Padova, Ursicino, appartenente all’ èwapxiai ’Iaxpia; (Mansi, Sacr. concil., XI, 294), non ancora dunque rientrato in sede. (4) Nel placito liutprandino (Chroust, Untersuch. cit., p. 208 ; Botteon, Un prezioso documento cit., p. 6 ; Documenti cit., p. 43) Tiziano è detto tarvi-sinus nec non episcopus pataviensis.