I danni dei terremoti e le inondazioni del Tevere. 379 Mentre continuavano ancora le preghiere e le opere di penitenza, apparve che la terra non si era del tutto acquietata. Alla fine di marzo e ai primi d’aprile avvennero di nuovo delle piccolo scosse e il 15 aprile si levò un grande ciclone e il 24 maggio seguì una nuova scossa la quale, benché fosse leggera, fece tuttavia che molti fuggissero nella campagna. La cronaca di Roma annuncia poi per il 10 ottobre uragani ed altre scosse di terremoto. 1 Maggiori che nell’eterna città furono i danni apportati dail terremoto in altre parti dello Stato pontificio, specialmente in Norcia, Foligno, Spoleto e Aquila. Il Papa mandò colà copiosi sussidi. L’apposita congregazione che egli aveva istituito fece mettere a disposizione della popolazione accampata all’aperto le tende delie guarnigioni di Castel S. Angelo e di Civitavecchia. Oltre il danaro vennero distribuiti anche dei viveri. Spoleto che era stata particolarmente danneggiata, fu anche oggetto di particolari provvedimenti e il governatore della città, a ricordo della generosità del Papa, fece erigere una lapide. Anche a Norcia, Terni e Narni vennero inviate, nello stesso anno 1704, notevoli somme di danaro in aiuto della popolazione.2 Nel ¡novembre 1705 1 e nell’aprile 1706 * si sentirono in Roma ancora delle scosse di terremoto. Poi seguì un’estate quasi straordinariamente calda con grande siccità e quindi con cattivo raccolto.5 L’inverno 1709 fu particolarmente rigido imi tutta l’Europa. Anche in Roma nel gennaio scoppiò un freddo assolutamente straordinario, cosicché fino alla metà di febbraio, tutto era pieno di ghiaccio e di neve. La conseguenza fu un’epidemia influenzale che ci venne descritta dal Lancisi. Anche adesso furono prese delle misure sanitarie molto vaste. Decisivo per queste fu non solo il parere del Lancisi, ma anche le conclusioni di una particolare commissione sanitaria nominata dal Papa, alla quale oltre il Lancisi, apparteneva un noto anatomista, Pachioni. I cardinali Colloredo, Cenci ed Este caddero vittima dell’epidemia; per frenarla venne ordinato sotto gravissime pene di pulire tutta la città entro otto giorni e venne proibito di deporre, come era l’uso, ¡e immondizie nelle vie e nei passaggi. Le fosse e gli acquastrini della città leonina, specialmente attorno a Castel S. Angelo, vennero purgati e vi venne indotta dell’acqua corrente dai giardini ' aticani, situati più in alto, acqua che poi attraverso uno sbocco 'enne condottata nel Tevere. Speciale vigilanza venne ordinata 1 * Giornale di Clemente XI, loc. cit. 2 Rr no: I 465 s., 501 s., 550. 3 Cecconi, Diario 627. 1 *.Avriso del 20 aprile 1706, C'od. Uni. 197, loc. cit. * * Avvisi 22 giugno e 17 agosto 1706, ivi.