La lettera dei cardinali all'imperatore. 4.1 tificato di Clemente XI in conflitti politico-ecclesiastici con la Santa Sede,1 propone nel giugno 1708 di prendere assieme a Giuseppe I e Carlo III i seguenti provvedimenti: confisca delle rendite degli ecclesiastici assenti, proibizione della promulgazione di bolle, brevi, monitori pontifici ecc., fino a tanto che non fossero approvati dal potere civile, limitazione dell’attività dell’inquisizione, del diritto di asilo e simili.2 Per il duca Rinaldo d’Este di Modena si trattava soprattutto delle sue pretese su Comacchio. Il Papa fece confutare dal dotto Giusto Fontanini le ragioni perciò addotte, e contro questo intervenne il celebre Muratori. 3 A questa guerra d’inchiostro si unì, benché non molto cruenta, anche una guerra d’armi. Nell’ottobre del 1708 scoppiò la guerra fra l’imperatore e il Papa, alla quale aveva spinto con tutti i mezzi fin dall’autunno 1706 la diplomazia francese.4 Prima che si arrivasse agli estremi, i più anziani di rango del Collegio dei cardinali il 12 agosto 1708 si erano rivolti in loro nome direttamente all’imperatore il quale il 26 giugno aveva loro mandato un esemplare del suo manifesto. Noi tutti, diceva la lettera, non abbiamo potuto leggere questo documento che con profondo dolore ed alcuni di noi soltanto con le lagrime agli occhi. L’imperatore fa torto a Clemente XI. Annullando la convenzione conclusa col duca di Parma, il Papa non aveva potuto nutrire il pensiero di offendere o danneggiare i diritti dell’impero, giacché riguardo ai ducati di Parma e Piacenza siffatti diritti non esistevano. La Santa Sede possiede queste terre già da tre secoli col migliore diritto ; tanto prima che dopo l’investitura della casa Farnese a ciascun rinnovamento si erano sempre pagate le tasse alla Camera pontificia; l’imperatore Leopoldo nel 1695 e 1697 aveva ciò espressamente approvato ed anche con decreto del consiglio dell’impero aveva pubblicamente dichiarato che il duca aveva in feudo dall’imperatore e dall’impero solo alcuni pochi pezzi di territorio. Si trova strano che ciò non sia stato portato a conoscenza di S. Maestà, purché non gli sia stato taciuto apposta per distorre S. Maestà dalla protezione dei diritti della Chiesa romana e far largo ai consigli di cattivi consiglieri, teologi e canonisti. Voglia l’imperatore in persona ponderare in tranquillità di spirito fino a qual punto gli autori del manifesto si siano lasciati trascinare, 1 <’fr. sotto. 2 Sulla Mémoire del duca che si trova nell'Archivio di Stalo di Torino, dell’8 giugno 170S, cfr. I .andai" 36St s. * Su questa ed altre pubblicazioni (elencate in Hudeb II 189*.. 244 s.. 486 s., 652 s. e Lebukt, Gesch. Italiens IX 660 ss.) cfr. anche Fea, II diritto *<‘Erano della 8. Sede sopra le valli di Comacchio, Roma 1824 e Sauek, Die Xchrift des O. Valla, GiSttingen 1905, 15 ss., 18 ss. * XOORDEN III 331.