22 buona parte svolti i lineamenti di questo profilo (1), che trovò maggior sviluppo nella cronaca di Jacopo Dondi (2), suo contempo- (1) Il Lazzarini (Il preteso documento cit., p. 105) resta incerto, se il testo del Da Nono derivi dalla Cronaca del Dondi, o viceversa, oppure l’uno e l’altro da una fonte comune anteriore ad ambedue. Anche in questa ipotesi, assai verosimile ed assai probabile, poiché nessuno vorrà giurare sopra l’originalità dei due scrittori, il confronto tra i due testi permette di riconoscere nel Da Nono uno stadio della leggenda padovana meno complesso di quello del Dondi. (2) È pacifico che autore della Cronica aliquorum gestorum Padue, contenuta nel cod. mare. X, lat. 34, nel ms. n. 11 del Seminario di Padova, dei secoli XIV-XV, nel cod. ambr. E 38 sup. dei sec. XV-XVI e in alcuni altri di posteriore trascrizione, è Jacopo Dondi. Con il sussidio di frammenti, extracta de crunica magistri Jacóbi physici, conservati, misti ad altri, in un manoscritto allora viennese, ora veneziano, pubblicati dalla sign. Merores, felicemente il Lazzarini, con la solita precisione, potè identificare 1’ autore del testo integro. Egli nella ristampa del suo studio (Il preteso documento cit., p. 103) oppose semplice, ma ferma e dignitosa smentita al contradditore, che, fatta sua « tutta l’erudizione » del Lazzarini, la ritorse contro di lui quale nuova scoperta. È inutile giocare sull’equivoco, e attribuire, senza alcuna prova, la compilazione del testo, offerto come inedito, mentre era già stato pubblicato in gran parte dal Lazzarini (cfr. Il preteso documento cit., p. 155 sgg.), al sec. XII : nè caratteri estrinseci (i codici più antichi sono al più della fine del sec. XIV), nè elementi intrinseci giustificano l’arbitraria interpretazione della precisa e chiara testimonianza del codice viennese. È superfluo rilevare che con la citata espressione (extracia de crunica ecc.) erano indicati gli autori delle opere, non gli amanuensi. Le asserzioni del Lazzarini (Il preteso documento cit., p. 104 sgg.) sono esattissime e incontestabili. Per dimostrare l’antica fondazione di Venezia da parte dei Padovani sarebbe occorso un documento assai più attendibile della romantica testimonianza del Dondi. Perciò la composizione della cronaca fu anticipata al sec. XII. Ma non bastava : la prima stesura fu fatta risalire al sec. VIII o IX o giù di 11. Perchè? Mistero. Ma non bastava ancora : per poter far risalire il lavoro di fondazione del porto e della città ad epoche più antiche, e arrivare, almeno per il primo, al tempo della guerra di Modena, era necessario trovare una fonte più remota del presunto compilatore medioevale : e poiché altro non si trovava, per quanto le fonti classiche fossero state deformate nelle loro generiche espressioni, arbitrariamente introducendo il nome e la presenza dei Padovani, dove non era fatta menzione, non restava che ricorrere a una fonte che più non esiste, Livio, il quale deve aver parlato estesamente della guerra di Modena (e può essere, anzi è certo che ne avrà parlato), deve aver parlato dei Padovani (può essere), deve aver parlato della fondazione del porto di Padova a Rialto e della costruzione della flotta in tale occasione. Dell’una e dell’altra cosa parla la dannata cronaca, la quale (perchè l’esemplare marciano, formato dalla raccolta di quasi tutte le cronache padovane del tempo, era nel sec. XV in casa Dauli), deve esser stata manipo-