149 Beato senza formale ratifica di quello (1). Concordi, i due fratelli s’abbandonarono a feroce persecuzione dei loro avversari dentro e fuori del territorio ducale. Arbitrariamente fecero designare dal popolo un nuovo pastore, il diacono Giovanni, alla sede olivolense, disertata dal titolare (2). Anche la cordialità di rapporti intrattenuti con il metropolita Fortunato era svanita. Obelerio e il fratello ripagavano di avversione e di odio il presule grádense non meno di quanto questi era venuto accumulando contro gli antichi amici durante lo svolgersi degli avvenimenti. Raggiunto in Francia dal nuovo esule, il vescovo Cristoforo, che assaporava le delizie deU’instaurato governo, nella comunanza di sventura aveva con lui stretto solidale intesa, per preparare il ritorno nelle rispettive sedi (3). I nuovi padroni accolsero con diffidenza l’assurdo connubio, e interdirono all’ uno e all’ altro di metter piede in terra ducale, l’imo perchè sospetto, 1’ altro perchè nemico. Fortunato tuttavia non disarmò. Ospite, con il collega, della chiesa di S. Cipriano, dell’episcopato Altinate, nell’agro mestrino, pretese esercitare da terra straniera, al limite del ducato (4), la funzione metropolitana, a lui competente. Invitò il neo-eletto di Olivolo a presentarsi a lui e lo trasse in arresto, sperando di poter servirsi della sua persona per risolvere l’incresciosa vertenza (5). A questo attimo di audacia nel prelato subentrarono momenti di esitazione. L’incauto diacono, che bonariamente, senza sospetto, aveva obbedito a un ordine del superiore, ne approfittò, si trasse d’imbarazzo con la fuga e invocò la protezione ducale (6). (1) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 101 sg. : suum fratrem, videlicet Beatum nomine, dignitate fecit sibi socium. (2) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 102. (3) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 102. (4) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 102 : quibus cum fas non esset Ve-neciam penetrare, in saneti Cipriani ecclesia, plebe scilicet Altinatis episcopii, quae scita est apud Mistrinam, ospitati et aliquandiu commorati sunt, in giurisdizione del vescovado di Aitino (e non di Torcello, che non esisteva), in territorio del regno, oltre cioè il confine veneto-longobardo, che spezzava l’agro altinate (Cfr. il già cit. diploma fredericiano, che riporta analogo diploma di Carlo Magno. Cessi, La crisi cit., p. 827 sg.). (5) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 102. (6) Iohan. Dlac., Chronicon cit., p. 102 sg.