PAOLO PA RU TA XXVÍIH pregio e dì ertimazione, effendo eglino con ciò collocati in porto non tanto più conveniente per effere onorati e apprezzati, quanto in una necefli-tà dì far meglio conofcere 1’ attività e la forza del loro fenno e fapere ; quindi è , che anche quefto ampliflìmo Senatore maggior divenne nel concetto de’fuoi cittadini, sì per l’eminenza del grado al quale lo avea portato il fuo merito, sì per lo fperimento che allora diede di fe mede lìmo , confutando le materie più gravi ; proponendo i mezzi più fpedienti ; e valendofi , quando nel Collegio, quando nel Senato, quando nel Confi-glio , di quella matura prudenza , e di quella roburta facondia , che pel lungo iludió ed ufo eragli divenuta così familiare e iua propria, che niente più gli coftava l’adoperarla nelle più gravi adunanze, che nelle private converfazioni : ond’ è, che la fuá cafa effendo per lo più frequentata da quanto v* era nella città di più accreditato e dilì:into , non v’era alcuno, che di là non partiHe o più faggio o più dotto . j?XXVIIII. In queft’anno medefimo, dopo effere ñato eletto adì IIII. di luglio Soprapproweditore all’ artiglieria, nel feguente mefe , cioè li XVIII1. di agofto , gli fu desinatala Prefettura (a) di Brcfcia ; nel cui governo qual egli fi diportaffe, e come adempiile tutte le parti di ottimo Rettore, può anche in oggi trarfene argomento da quello che ne dice il Padre Codagli (b) nella fua Hi/loria Orceana all’anno M. D. LXXXXII. in occafione che il PARUTA erafi trasferito alla vifita della fortezza degli Orci-nuovi. Ma avanti che egli terminaffe quel governo , effendo venuto a morte Giovanni Mero, in tempo che in Roma era Ambafciadoreper la Repubblica appref-fo il fommoPontefice Clemente Vili, piacque al Senato, già perfuaiodelia fapienza e capacità del PARUTA , di foftituirlo al defunto . Quefta fua elezione fi fece li XXI1II. d’aprile dell’anno M. D. LXXXXII. quo tempere, dice (c) lo ftorico Morofini, cum Romae Ioannes Maurus ordinarias le-gatus exceffìffet , fucceffer ei PAULUS PARUTA, qui tunc Brìxiac praefèttu-ram gerebat, e/i datus . XXX. Nel tempo di quella fua legazione molte cofe avvennero , degne della memoria de’ pofteri , le quali la fua derterità e prudenza a buono e lo-devol fine riduffe ; talché la patria ebbe cagione di fempre più rimanerne foddisfatta, non meno che lo fteffo Pontefice, al quale rendealo fomma-niente caro, oltre a tante altre doti maravigliofe che in lui rilucevano, il vederlo, in tutto ciò che operaffe o diceffe, di sì retti coftumi, e d’animo alla pietà sì comporto, che parevagli , lui più torto di perfona religio-fa far profeifione, che di pubblico Oratore fortenere le veci : quando per altro egli è cofa affai rara 1’ accordare infierne miniftero e cofcienza, polìtica e religione. Dal Soliloquio, che eflendo Ambafciadore in Roma {d) e’ compofe, tale fpirito di umiltà e moral criftiana per ogni parte trafpira, che niente di pili edificante , e di più inftruttiyo al ben vivere e incam- e mi- ri? íItoo^ fe,ce ^ inscrizione del fuo depofito , dove malamente fi legge BRIXIAE PRAETOR , ¡n luogo di dire PRAEFECTVS. (¿) lib. Vili pag.' 305- e 206. dove lo chiama „ il grande oceano delle cortefie, & del-» *e'eggiadre hittorie, di nome, di fangue, di valore, & d’opre iUuftriflimo. „ (c) ItP. XIII1. pag. 573. ad ann, 1592. ( conie rapprefentante fuo, preffo CLEMENTE » vii AVO Sommo Pontefice, ec. » (<») loc, I59I 1592.