Minacce di Moñino. 181 gli annunziava solennemente che tra breve avrebbe benedetto le fasce consacrate per il neonato infante di Spagna, fu da lui accolta con alquanta freddezza.1 Maggior importanza doveva avere il fatto che al Monino riuscì dapprima di intimidire, poi di guadagnare con promesse l’influente confidente del Papa, il francescano Buontempi. Costui si dichiarò disposto a render servizio all’ambasciatore in tutto, ma richiese il più rigoroso segreto.2 In realtà a lui dovette il Monino se gli fu accordata la seconda udienza il 23 agosto. Dalla prima erano passate ben sei settimane. Questa volta fu il Papa stesso a portare il discorso sulla grossa questione, rivelando a Monino un piano il quale avrebbe prodotto la fine dell’Ordine senza venire alla soppressione vera e propria. Si sarebbe proibito ai gesuiti, come già era stata intenzione di Innocenzo XIII, di accogliere novizi, di confessare, di predicare; i poteri del generale sarebbero Stati trasferiti ai provinciali. Ma Clemente XIY non arrivò a sviluppare questa idea, poiché il Monino respinse ogni palliativo, affermando che il male doveva essere distrutto fin dalla radice. Ai timori del Papa, che gli faceva rilevare le gravi difficoltà da parte dei paesi nei quali l’Ordine sussisteva ancora, il Mollino rimase sordo.3 Avendo egli, nella medesima udienza, presentato la richiesta per la limitazione del diritto di asilo in Spagna, il Papa in una terza udienza, il 30 agosto, gli presentò l’abbozzo di un Breve su quell’argomento. Riguardo alla soppressione dei gesuiti, Clemente ribadì le sue precedenti obbiezioni, osservando che i gesuiti continuavano la loro attività in gran parte della Germania, in Boemia, in Toscana, a Venezia, a Modena e anche nello Stato della Chiesa. Il Monino, che aveva l’incarico di affrettare una decisione e che conosceva, informatone dal Macedonio, il carattere tentennante del Papa, replicò che le difficoltà sussistevano più nell’immaginazione che nella realtà. Affinchè Sua Santità potesse essere informata a questo proposito, egli Le sottoporrebbe un piano per mezzo del quale avrebbe potuto in maniera onorevole metter fine all’imbarazzo nel quale ora si trovava di fronte ai Borboni. « Con queste parole » così riferì il Monino « trassi fuori un foglio, che conteneva le mie intenzioni e opinioni; mi proponevo di leggerlo, ma Sua Santità mi ordinò con dolcezza di non farlo. Riposi allora il 1 * Clemente XIV a Moñino, 20 agosto 1772, Archivio di Simancas, Estado 5039. 2 Relazione del Bemis del 6 agosto 1772, in Theiner, Hist. 232, e relazione del Moñino del 20 agosto 1772, in Masson 207 s. 3 Relazioni del Bernis del 23 agosto 1772 e del Moñino del 17 agosto 1772 in Theiuer, Hist. II 234 s., Masson 208 (dove l’udienza è posta erroneamente al 28); Danvila y Collado 417 s.; Pacheco y de Leyva 49.