164 Clemente XIV. 1769-1774. Capitolo III. mente Clemente XIV, deve peraltro ammettere che il Papa aveva commesso un funesto errore nel non respingere francamente e liberamente la prima richiesta degli ambasciatori borbonici colla dichiarazione esplicita di non essere amico dei gesuiti, ma di non volere nè potere sopprimere l’Ordine.1 Che cosa avrebbe infatti potuto opporre Carlo III a un Papa, che egli pregiava come uomo dotto, santo e interamente a lui devoto, e che riteneva nemico dei gesuiti, se questi avesse rifiutato di immischiarsi in una questione che riguardava l’intera Chiesa, dichiarando che i Borboni, i quali avevano espulso i gesuiti dai loro Stati, non avevano il menomo diritto di esigere la stessa cosa dagli altri Stati in cui l’Ordine sussisteva ancora !2 Ma Clemente XIV, debole e pauroso, non mai franco e retto, non osò pronunciare un no deciso. In luogo di questo, egli si mise per la via della simulazione e della tergiversazione.3 A nessun Papa, così scrive il Cordara, sarebbe più convenuta la sincerità e la fermezza sacerdotale nel discorso che a lui, che era frate professo e non aveva nipoti, e quindi non aveva nulla da temere. « Tuttavia - così continua il Cordara - egli aveva troppa fede nel proprio acume, e, senza dir nulla a nessuno, preferì i disegni astuti a quelli buoni, sicché, come si suol dire, si ferì colle proprie armi. Con una pro-fluvie di parole accumulava dinnanzi agli ambasciatori dichiarazioni ambigue, colle quali in realtà non prometteva nulla, ma destava l’impressione di voler adempiere le proprie promesse, sicché essi uscivano da lui pieni di spei'anze ».4 Il Cordara non è punto cieco di fronte agli errori dei propri confratelli. Con ragione lamenta che dei vecchi padri, tra i quali erano persone di alta cultura e di provata serietà, prestassero fede a certe profezie che volevano dissipare ogni timore di soppressione. Egli si riferisce specialmente a una donna in Spagna, forse religiosa ma certamente semplice e ignorante, che aveva predetto che il Papa non avrebbe mai e poi mai disciolto l’Ordine dei gesuiti. In Sicilia i gesuiti avevano considerato questa profezia come un oracolo celeste, l’avevano diffusa e l’avevano riferita alle più alte autorità dell’Ordine. «A dire il vero - confessa il Cordara - nemmeno io temevo il peggio, ma non già in base a 1 Ibid. 125, 260. 2 Al Cordara, che era andato a trovare a Torino il re Carlo Emanuele malato e che gli raccomandava il suo Ordine, il re disse: « Per parte mia non vedo perchè il re di Spagna, dopo aver espulso i gesuiti dal suo paese, voglia saperli annientati anche in tutti gli altri paesi ». Carlo Emanuele aggiunse che il Papa si era messo in gravi difficoltà e che difficilmente avrebbe potuto sottrarsi alla violenza che veniva esercitata su di lui dai sovrani borbonici. 3 « Simulandi ac tergiversandi consilium cepit » (ibid. 160). 4 Ibid. 125.