182 Clemente XIV. 1769-1774. Capitolo IV. foglio, ma diedi a divedere col mio atteggiamento il mio dispiacere per tale rifiuto. Il Papa disse allora che aveva l’intenzione di compiere qualche cosa a cui gli altri principi non avrebbero potuto opporsi e di cui Sua Santità sarebbe stata molto lieta, ma che ciò richiedeva tempo. Risposi che una siffatta dilazione 10 esponeva a molti pericoli, e che soltanto la soppressione totale avrebbe accontentato il re; non potevo fare a meno di dichiarare esplicitamente che il prolungarsi della dilazione avrebbe potuto produrre un grande incendio, maggiore di quanto si potesse pensare - alludevo alla soppressione di tutti gli Ordini. Avendo detto 11 Papa, che avrebbe versato un po’ d’acqua su quel fuoco, gli risposi: Purtroppo codesta acqua si trova a quattrocento ore di distanza dall’incendio, e non può quindi aver la forza di estinguerlo; e chi sa che cosa altro può succedere nel frattempo. Il Papa replicò, che se non si usasse ogni prudenza nella soppressione, i gesuiti sarebbero divenuti anche più pericolosi, essendo spinti alla disperazione; mentre, lasciandoli oscillare tra il timore e la speranza, si sarebbero mantenuti tranquilli. No, Santo Padre, gli risposi, soltanto estraendo la radice di un dente malato si può sopprimere il dolore. Supplico Vostra Santità nel nome di Cristo di credermi e di vedere in me un uomo compenetrato dall’amore della pace ». Tuttavia il Papa persistette nel non volere ascoltare che più tardi il piano del Monino.1 Fedele al principio, che ciò che non si può ottenere colle buone bisogna cercare di conquistarlo colle cattive, il Monino non si appagò delle minacce fatte direttamente al Papa, ma si servì anche del Bernis per atterrire talmente l’infelice Clemente XIV, che questi promise di prendere in considerazione l’accoglimento del piano del Monino.2 Dopo aver ottenuto questo « miracolo »,3 il Monino continuò a premere sulla sua vittima. In un’altra udienza del 6 settembre, durata un’ora e mezzo, accennò con insistenza ai termini rigorosi delle sue istruzioni, ai pericoli di un indugio prolungato, alle misure decisive che le corti avrebbero prese in caso di rottura della promessa. Bisognava anzitutto, riteneva il Bernis, togliere al Papa ogni vana speranza e fargli comprendere i pericoli che lo minacciavano.4 Accortosi dell’effetto che facevano le sue minacce, il Monino non mancò di far notare che nella soppressione dei gesuiti era coinvolto l’interesse dell’intera Chiesa, dell’autorità della Santa Sede, dei buoni rapporti cogli stati cattolici, della tranquillità e della gloria del Santo Padre. A proposito 1 Relazione del Monino del 3 settembre 1772, v. Ferrer II 387 s.; St. Priest 325 s.; Danvila r Collado 473. 2 Masson 209; Dtthr, Aufhehung 447; Pacheco t de Leiva 51. 3 Monino a Grimaldi, 3 settembre 1773, v. Danvila t Collado 474. 4 Theiner, Hist. II 243.