La questione della riforma dei principi al concilio. 249 flitto fra imperatore e concilio si accordò che l’arcivescovo di Praga chiedesse nuove istruzioni presso Ferdinando I, convenendo in ciò anche il cardinale Guise. 1 In queste spiegazioni il Morone in facilmente comprensibile eccitazione si era permesso frasi talmente forti, che credette bene di mandare una lettera di scusa all’imperatore. Rimase però fermo quanto alla cosa, difendendola in una seconda lettera diretta all’imperatore per distoglierlo dalla opposizione ai motivi addotti dai legati, in cui svolse i seguenti concetti: il decreto di riforma fu dapprima rimesso a tutti gli inviati perchè migliorato secondo le loro proposte fosse finalmente presentato ai padri. Alcuni articoli, contro i quali gli inviati elevarono eccezioni, noi abbiamo mutati o del tutto eliminati. Abbiamo insistentemente pregato ognuno degli inviati ad aprirci il suo proprio pensiero sulla cosa ; che se tuttavia nel decreto ricorre alcun che, che suscita difficoltà all’uno o all’altro, non è colpa nostra, ma di coloro, che hanno taciuto. Ci è poi impossibile generalmente abbandonare l’intiero decreto o prorogarlo ad altro tempo senza suscitare il più grave scandalo e mettere tutto in iscompiglio. Quasi tutti i vescovi hanno la convinzione, che se deve avvenire una riforma di tutto il ceto ecclesiastico, debbano eliminarsi tutti gli impedimenti, coi quali sono completamente paralizzati i vescovi da parte della civile podestà nel governo delle loro chiese. Qualora non si tolgano questi impedimenti la riforma sarà non solo difettosa, ma infruttuosa e tutte la fatiche alle quali vostra Maestà e noi ci sobbarcammo, saranno per nulla. L’intero contenuto del decreto non solo risponde al diritto canonico, ma alle leggi pure emanate in addietro da pii imperatori. In esso non sono neanche elencate tutte le oppressioni del clero e tutte le offese alla libertà ecclesiastica, sì invece passate sotto silenzio, a causa delle condizioni dei tempi, molte cose, specialmente di tali, che potrebbero turbare la quiete in Germania o parve fossero d’impedimento alla difesa contro il nemico ereditario della cristianità. Poiché gli avversarii della nostra vera religione a nulla più violentemente mirano che alla cacciata e all’annientamento dei vescovi e del lesto del clero e’ conviene, che il concilio ed i principi cattolici H aiutino nel loro ministero ecclesiastico e proteggano la loro dignità, specialmente perchè sulla base delle leggi emanate già e di quelle che si faranno ci è lecito sperare d’avere per vescovi uomini istruiti, prudenti, ineccepibilmente pii e degni di rispetto: da vescovi che non godono punto autorità, non può il popolo venire ricondotto dai vizi alla virtù, dagli errori alla vera pietà. 2 1 Vedi la relazione dei legati del 28 agosto 1563, già usata da Paixavicini piesso Susta IV, 200 s. Cfr. Sickel, Ronzìi 586 s. 2 Vedi Sickel, Ronzìi 588 s.; Steiniierz III, 425, ove anche dettagli sui, Passi fatti da Delfino presso l’imperatore per incarico dei legati.