La guerra d’annientamento degli Ugonotti contro i cattolici. 393 a 20 membri del convento delle Clarisse.1 Precisamente quando trattavasi sull’editto di gennaio, arrivò dalla città di Beza la notizia, che dopo l’orrenda devastazione di quella cattedrale gli ugonotti avevano cacciato tutti gli ecclesiastici colla forza.2 Non bastando la distruzione degli oggetti di culto delle immagini, qua e là, ad es. in Montpellier, si inferocì contro i morti e si profanarono le tombe, unicamente per odio contro la religione, che i defunti avevano professata.3 S’è detto bensì, che questi eccessi non fossero se non rappresaglie e che si rispondesse rendendo la pariglia. Ciò si è senza dubbio avverato qua e là, come ad es. a Carcassonne i cattolici si presero sanguinosa vendetta,4 ma nella maggioranza dei casi i cattolici furono la parte lesa, le vittime di un sistema che voleva l’abolizione dell’« idolatria » a qualunque prezzo. Ciò che gli Ugonotti consideravano provocazione era il fatto che in generale vi erano ancora dei cattolici. Le violenze degli Ugonotti accresciute ancora nelle guerre di religione dovettero rendere attoniti persino dei vacillanti. Che religione è mai in questa gente, si chiedevano essi, che pretendono di 'Comprendere il vangelo meglio di tutti gli altri ? Dove ha comandato Cristo di spogliare il prossimo, di versare il suo sangue ! 6 Ciò che esasperava in modo affatto particolare era la mania della profanazione, che non solo distruggeva immagini, croci e reliquie, ma compiva rivoltanti delitti su quanto i cattolici possedessero di più santo e prezioso, la santa Eucarestia. A Nîmes, Parigi e altri luoghi le sacre ostie dopo la rottura dei ciborii vennero bruciate o pestate coi piedi.6 La condotta degli Ugonotti dopo la comparsa dell’editto di gennaio doveva aumentare ancora l’esacérbazione dei cattolici e confermarli nella loro opposizione contro quell’ordine.7 Avevano i novatori per l’addietro rifiutato l’obbedienza agli editti per loro sfavorevoli; con tanto maggior zelo ora volevano dai cattolici rigida osservanza dell’editto di gennaio, essi stessi però non tenendo conto delle sue restrizioni. Come nel passato continuarono a tenere il servizio divino anche nelle città e come pel pas- 1Vedi Vaissette, Hist. de Langwedoc V. 584 s., 591 s.; Dòllinger, Kir-chengesch. 532 s.; Anquetil 126 s. Cfr. PlCOT I, 10 s.; Gaudentius 110 8.; de Meaijx 85; Merki 389 s. 2 Cfr. Batjm, Beza II, App. 156. Nel gennaio 1562 in Guascogna non pote-vasi più trovare un prete cattolico per 40 miglia. Polenz II, 278 s. 3 Vedi Vaissette V, 586. 4 Vedi de Meaux 86 s. 6 Ranke (Pdpste II8, 41) cita queste frasi senza indicare fonte: esse stanno nella relazione di Correre presso Alberi I, 4, 186. 6 Vedi Vaissette V, 592. Cfr. Dòllinger loc. cit. 533 s.; Dejardins III, 454 469; Polenz II, 88. 7 Da questa opposizione a Roma si tornò ad attingere speranza di miglioramento delle cose: v. la * relazione di Carlo Stuerdo al duca di Parma in data di Roma 11 marzo 1562, A r c li i v i o di Stato in N ap o li, 0. Farnes. 763.