Trasformazione della curia romana. Influenza di C. Borromeo. 325 non per inerito ultimo di Borromeo. Alla Curia, scrive ancora Soranzo, 1 si vive abbastanza semplicemente, in parte come fu detto per mancanza di mezzi, ma forse non meno pel buon esempio, che deriva dal Cardinal Borromeo, poiché i sudditi si regolano sui principi. Nessun cardinale o cortigiano può contare più su un favore, se in realtà o almeno all’apparenza non viva come lui. Per lo meno in pubblico si sta perciò lontani da ogni sorta di piaceri. Non si veggono più cardinali cavalcare o passeggiare travestiti in compagnia di dame: appena compaiono tuttavia in carrozza 2 senza accompagnamento. I banchetti, giuochi, cacce, livree ed ogni specie di lusso che dà nell’occhio, sono tanto più totalmente finiti perchè a corte non c’è più alcun laico di rango, quali trovavansi in gran numero per l’addietro fra i nepoti e i famigliari del papa. I preti vanno tutti nell’abito della loro condizione, così che già all’esterno si rivela la riforma. D’altra parte, aggiunge Soranzo, ciò veramente ha come conseguenza, che artigiani e mercanti potranno dichiarare la bancarotta. E poiché gli uffici e posti tro-vansi nelle mani di milanesi, che si conoscono come poco larghi, non ci sono che molto pochi, i quali siano contenti del governo.3 Non potevano quindi mancare biasimi al rigido promotore della riforma e alle sue teatinerie. Ma persino Annibai Caro, che pure li esprime fortemente, 4 attesta nello stesso tempo che non si viene più a Eoma per fare la propria fortuna, ma per pregare e che il mutamento della città va fatto risalire all’influenza di Borromeo. Gli uomini di sentimento ecclesiastico 5 e il popolo di Roma 6 erano invece pieni d’elogi per Borromeo. Di speciale importanza per la rinascita morale dell’eterna città come della Chiesa 1 Ciac. Soranzo 138. 2 Le carrozze, che da non lungo tempo erano comparse in Roma, sembravano così sconvenienti a dignitarii ecclesiastici come ai nostri giorni in principio una bicicletta o l’automobile. Addì 17 novembre 1564 Pio IV proibì ai cardinali di recarsi per l’avvenire al Vaticano in carrozza da viaggio o in legno a due cavalli: essi dovevano calvalcare o in caso di malattia servirsi della portantina. Vedi Wymann 102, n. 1. 3 Giac. Soranzo 138. 4 Di Roma non so che me le dire, se non che quell’acconcia stagni e candelieri ha tolto a rifarla tutta; et non gli basta Roma, che vuol fare il medesimo per tutto (a Torquato Conti, 22 luglio 1564, presso Caro, Lettere famil. I, 50). Se l’ambizione le facesse per avventura desiderar Roma, le ricordo che ci si viene hora per orare e non per pascere (lettera a Sala del 20 febbraio 1564, presso Caro II, 100). * Il cardinale Marco Sittieh, che si credeva danneggiato da Borromeo, ai 15 di giugno del 1564, dopo che Borromeo aveva semplificato la sua corte, scrive al conte Annibaie von Hohenems opinarsi che per pura spilorceria Borromeo diverrebbe anche pazzo: opera come se non avesse 2000 corone d’entrata, nè gli basta ciò che ha, ma appetisce sempre più ancora: ciò ® il frutto della teatineria. Archivio in Hohenems. 5Canisio a Hosio, 17 settembre 1565, Canisii Epist. V, 96. 6 Sylvain I, 243.