94 Pio IV. 1559-1565. Capitolo 2. religiosità è sì grande da potersi dire a ragione ch’egli col suo esempio giova alla corte romana più di tutti i deliberati conciliari : un nipote cotanto amato dal papa che, essendo tuttora nel fiore della gioventù e ad una corte riboccante d’allettamenti, ha vinto se ed i piaceri del mondo in tale misura, è un fenomeno veramente raro. Borromeo è deditissimo al papa ed il papa tiene in gran conto lui e i suoi desiderii, come s’è visto anche nell’ultima promozione cardinalizia, che cadde solo su tali ch’egli aveva o proposti o approvati. Del resto lui e il papa sono due naturali diversi. Il papa lo vedrebbe volentieri più gaio e meno rigido nella vita e nelle idee. Lo ha detto anche ai Gesuiti, che hanno avuto grande influenza sull’indirizzo del cardinale, ma questi non s’è lasciato distorre dalla sua via. La corte lo ama poco, perchè abituata ad altro contegno e si lagna che il cardinale poco domandi al papa e poco dia del proprio. Ma quanto al primo egli lo considera come cosa di coscienza : il suo poi lo distribuisce in elemosine, doti di povere ragazze e diminuzione dei debiti lasciatigli in ispecie dal fratello. 1 Con quanta larghezza distribuisse elemosine il Borromeo appare da ciò, che quasi nulla usava allora per sè delle sue entrate come arcivescovo di Milano. 2 Una grandiosa creazione del suo periodo romano è il Collegio Borromeo a Pavia, ch’egli fece erigere nel 1564 dall’architetto Pellegrino Pellegrini per proteggere poveri studenti nobili dai pericoli, che aveva egli stesso imparato a conoscere durante i suoi studii.3 Testimonio eloquente della beneficenza del Borromeo è tuttora custodita in S. Prassede la tavola, alla quale dava da mangiare ai poveri di Roma.6 Accanto al Borromeo fu in molto credito presso Pio IV nel primo tempo del suo governo il Morone, versato specialmente 1 Giac. Soranzo 133 s. Il cardinal Seripando * scriveva da Trento, 28 luglio 1562, a Paolo Manuzio intorno al Borromeo : È huoirw di frutto et non di fiore, de’’ fatti et non di parole (Biblioteca a Montpellier). Anche Bascapé (p. 66) dice che in principio Carlo dimostrò un certo difetto in liberalità, ciò che fece senso più del giusto essendo che dal rinascimento in poi s’era abituati a vedere alti signori distribuire a piene mani denaro e grazie indifferentemente (cfr. Wt-mann 98). Una testimonianza per l’ardore del Borromeo nello studio sono due licenze del 20 giugno e 29 novembre 1564, con cui gli si concede di prendere a prestito libri dalla Biblioteca Vaticana, anzi secondo la prima volumina etiam registra nuncupata, et quae forsan, ne adeo omnibus ostenderentur, magis reservata et custodita essent. Mitteil. des Osterr. Instituís XVII (1896), 293. 2 Bascapé 6 s. 3 Gitissano 22. Sulla data della fondazione v. San Carlo 209, sul collegio cfr. Natali in Natura ed Arte 1906, febbraio. Probabilmente rimontano a C. Borromeo gli statuti del Monte di Pietà a Boma del 1565. Donato Tamilia, Il sacro monte di pietà di Boma, Roma 1900. 'Figura in San Carlo 69.