53 i motivi di dissenso (1). Ma il presule aquileiese si schermì, sia pure con futile pretesto, e vigorosamente invece, senza attardarsi in superflue confutazioni, ribadì i principali fondamenti della sua fede. Le parole ferme e precise da lui scritte, l’atteggiamento intransigente, gli ordini rigorosi ai legati di rifiutare concessioni o compromessi (2), non lasciavano adito a troppe speranze. Papa Pelagio replicò (3), denunziando la cattiva volontà del metropolita aquileiese. Allegò, per convincerlo di errore, un’ampia esposizione dottrinaria dettata dal futuro papa Gregorio (4), ma non mancò di far balenare un’oscura minaccia, invitandolo a riflettere sopra le conseguenze di un intervento del braccio secolare, dell’esarca Smaragdo. Perciò s’affrettò a trasferire la sede del proposto convegno da Roma a Ravenna. Non era certo gesto amichevole : il malizioso trasferimento nascondeva un’insidia. Il vescovo Elia non si lasciò ingannare dalla presunta dolcezza delle parole : non accettò nè l’una nè l’altra offerta, e non rispose, a quanto pare. Papa Pelagio dalle parole passò ai fatti, e spinse 1’ esarca Smaragdo a fiaccare la caparbietà dello scismatico con mezzi repressivi. Elia non fu intimorito dalle minacce e dalle diffide dell’autorità civile, e non piegò, sostenuto dall’unanime solidarietà e dal consiglio dei suffraganei (5). Egli, dignitosamente, contro (1) Schwartz, Acta cit., p. 105 sgg. (2) Cosi si può dedurre dalla seconda lettera di papa Pelagio, che confuta la risposta di Elia e dei suoi suffraganei. Schwartz, Acta, cit., p. 106. (3) Schwartz, Acta cit., p. 106. (4) Questa è 1’ opinione di maggior credito, e forse più verosimile, intorno alla così detta terza lettera pelagiana del presente dibattito (Schwartz, Acta cit., p. 107), convalidata dalla testimonianza di Paolo Diacono (Uist. Lang., Ili, 20), che addita nel beato Gregorio l’autore di essa (cfr. Paschini, Storia cit., I, 96). È però almeno arduo supporre senza prova alcuna (il motivo stilistico è troppo infido), la paternità gregoriana anche delle altre due. (5) Tali circostanze sono narrate nel ricorso promosso dai vescovi lombardi della sede aquileiese presso l’imperatore, pochi anni dopo, in analoga circostanza (cfr. Mon. Germ. Hist., Epist., I, 17 sgg.; Documenti cit., I, 14 sgg.). Anzi si può sospettare (naturalmente, con ogni riserva, perchè non esiste prova diretta), che i concetti essenziali della perduta lettera di Elia, sommariamente riferita dai vescovi ricorrenti, abbiano ispirato anche il successivo documento. Quelli attribuiti a Elia e quelli espressi dai sottoscrittori in nome proprio sono sostanzialmente analoghi.