Carlo Borromeo per l’attuazione dei decreti di Trento. 323 parecchi indizi stanno a provare che Borromeo poneva a base dei suoi rapporti al papa non solo questi sunti, ma che leggeva le relazioni stesse.1 Pio IV decideva lui ciò che dovesse rispondersi al concilio, ma spettava al segretario di Stato esaminare e correggere tutti gli abbozzi delle risposte. 2 Del resto in parecchie occasioni si vide, che Borromeo sbrigava la corrispondenza col concilio non già come mero strumento di suo zio, ma che forma-vasi sugli avvenimenti la sua propria opinione e sostenevala anche di fronte al papa.3 Con qual gioia e abnegazione s’addossasse il Borromeo il grave carico di questo lavoro, in cui vedeva il servizio di Dio e il bene della Chiesa, spicca talora persino nelle sue lettere meramente d’affari ai legati: 4 nel giorno della sessione finale egli chiama il concilio il beneficio più grande che potesse farsi al mondo, una intrapresa gloriosa pel nome del papa, benefica e necessaria per tutta la cristianità, che in momento periglioso liberava la Chiesa di Dio da tanto grande travaglio. Forse in molti secoli non si radunerà più un’assemblea così distinta. Ardere lui del desiderio di vedere ormai attuato il concilio così come l’esigeva il bisogno della cristianità. 5 Questa esecuzione dei deliberati tridentini Borromeo cominciò avanti tutto nel governo della sua propria casa e nella sua persona stessa. Se subito dopo la chiusura del concilio egli limitò la sua corte, aumentò la semplicità e rigore della sua vita, 6 ve lo indusse non in ultimo luogo il riguardo alle prescrizioni di Trento. Il concilio non doveva avere stabilito invano, che la suppellettile del vescovo fosse semplice, e che il predicare fosse il suo precipuo dovere. 7 Borromeo andò molto oltre il puro tenore del concilio : « la magnificenza quasi regale della sua corte » 8 andò sempre più cedendo ad una semplicità quasi troppo grande. 1 Vitali (loc. cit.) 778 crede d’essere autorizzato a questa osservazione sulla base d’un confronto fra le domande dei legati e le risposte. 2 Sull’andamento dei negozi nella segreteria segreta v. sopra p. 86. 3 Nella questione del salvacondotto pei protestanti egli il 1° aprile 1562 comunica in primo luogo ciò cbe il papa ha deciso (Susta II, 75), ma unisce una lettera a Simonetta, in cui espone la sua propria idea discrepante (ibid. 76). Nell’occasione delle controversie sull’obbligo della residenza agli 11 di maggio indirizzò ai legati insieme alla papale una lettera anche « in suo proprio nome ». (ibid. 136). 1 Konstantin G-ermanus, Reformatorenbilder, Freiburg 1883, 157, 308. Gbi-Sae, Disput. I, 400 s. 5Susta IV, 454 s. «È tanto il desiderio mio che hormai s’attenda ad exe-quir poi che sarà confirmato questo santo concilio conforme al bisogno che ne ha la christianità tutta e non più a disputare... ». Ibid. 6 Cfr. sopra, p. 92 s. * Il cardinale Marco Sittich scrive il 15 giugno 1564 al conte Annibaie von Hohenems che il Cardinal Borromeo aveva licenziato 150 persone del suo seguito e smesso tutti i cavalli. Archivio inHohen ems 7 Sess. 25, de ref. c. 1; sess. 24, de ref. c. 4. “Frase di Ciaconius (III, 891).