Memoria del Commendone sugli abusi della corte romana. 315 persuadere i principi a non dare in futuro alcun sostegno agli abusi ? Possono emanarsi leggi di riforma, ma a chi se n’affiderà l’esecuzione ? Ai prelati odierni ? Ma ciò vorrebbe dire mettere vino nuovo in otri vecchi. Od a prelati, che sono ancora da formarsi ? Ma donde prenderli in numero sufficiente e come senza atti di violenza provvedere di essi tutti i posti ? Inoltre si deve pretendere con un colpo solo l’eliminazione di tutti gli inconvenienti o contentarsi di riforme particolari? Il primo pare impossibile, il secondo è insufficiente, che allora si mette una pezza nuova su un abito vecchio. Finalmente si devono emanare nuove leggi di riforma, le quali in conclusione altro non contengono fuorché quanto è già prescritto nei canoni antichi, o dovrassi star contenti a tornare ad inculcare semplicemente le antiche regole della disciplina ecclesiastica? Allorché pochi anni più tardi Pio IV s’accinse a mettere realmente in opera la riforma, la maggior parte delle difficoltà e ti: mori del Commendone era già senza oggetto. Sul modo con cui si dovesse procedere nel rinnovamento della cristianità, il concilio aveva deciso. La riforma dei principi e l’ecclesiasticismo statale rimasero bensì lasciati al giudizio della storia, ma per la riforma della corte romana, precisamente l’errore più grave di Paolo IV, la sua guerra colla Spagna, aveva causato i più salutari cambiamenti in quanto che oramai lo Stato pontificio scomparve dalla serie dei grandi Stati politicamente importanti ed i papi e cardinali vennero rimandati sul campo loro più proprio, la cura della vita ecclesiastica. Ancor durante il concilio Pio IV aveva emanato misure incisive contro gli abusi tanto deplorati nel mondo romano degli ufficiali. La Rota, la Penitenzieria ed i varii tribunali romani furono sottoposti a un riordinamento. 1 Ai 23 di maggio del 1562 il papa scrisse a Filippo II : 2 abbiamo introdotto e la proseguiremo, 1 Bolla di riforma per la Rota del 27 dicembre 1561. Bull. Boni. VII, 155; per la Penitenzieria del 4 maggio 1562, ibid. 193 (cfr. Raynald 1562, n. 188); per il correttore della Cancelleria apostolica del 27 maggio 1562, Bull. Rom. VII, 200; pel tribunale della Camera apostolica del 27 maggio 1562, ibid. 79; per l’uditore della Camera del 2 giugno 1562, ibid. 207; per gli altri tribunali del 31 giugno 1562, ibid. 214; per la Signatura iustitiae del 31 giugno 1562, ibid. 234. L’* Avviso di Roma del 31 marzo 1565 (Urb. 1940, p. 2b, Biblioteca Vaticana) registra una voce, cbe sarebbe stata riformata anche la Signatura gratiae. 2 « Noi di quà havemmo fatto et facemmo una reforma asperrima et che sarà la salute del mondo » (Collección de documentos inéditos IX, 198). « Havemo già fatta et esseguita una rigorosissima riforma de la corte con danno nostro particolare di più di 200 mila scudi di capitali di officii, oltra quel che a la giornata si perde de gli emolumenti del datariato et altri officii, che è una somma notabile». Istruzione per l’arcivescovo di Lanciano del 29 giugno 1562 presso Sickel, Berichte II, 118 s. Egualmente Borromeo al nunzio spagnuolo Crivelli, 24 maggio 1562, presso Ehses Vili, 272, n. 5.