128 Pio IV. 1559-1565. Capitolo 3. gnato da portatori di fiaccole, comparve nell’anticamera del cardinale, gli fu detto che il prigioniero dormiva. Il capitano dichiarò che doveva ciononostante entrare. Allora fu aperta la porta. Carata si svegliò, si rizzò e chiese che cosa si volesse. La condanna a morte eragli stata comunicata già il giorno precedente, ma non voleva credere alla sua esecuzione. Quando ora apprese che non v’era più speranza, ripetè più di 10 volte : Io debbo morire ? Il papa dunque vuole che io muoia ? Gasparino durò fatica a far comprendere all’infelice, ch’era giunta irrevocabilmente l’ultima sua ora e che gli rimaneva soltanto un breve termine per confessarsi e prendere le sue ultime disposizioni. Finalmente, colla dolorosa esclamazione : Io, che non ho confessato nulla, debbo morire ! il cardinale si alzò e vestì. Gli fu rifiutato il berretto e con ciò seppe ch’era stato destituito da cardinale diacono. 0 Pio ingrato ! esclamò, 0 re Filippo, che mi hai tradito ! Entrò indi da lui un religioso ch’era stato approntato per udire la sua confessione, che durò un’ora. Confessatosi, Carata parve più tranquillo : fece entrare tutti gli astanti e chiamolli testimoni ch’egli perdonava al papa, al re di Spagna, al governatore, al procuratore fiscale, in generale a tutti i suoi nemici. Recitati che ebbe ancora i sette salmi penitenziali, offrì coraggiosamente il collo al carnefice. Quando costui tirò il nodo, la corda si strappò. Se ne prese un’altra, che pure si strappò, potendo il carnefice compiere l’opera sua solo con grandissima fatica. 1 II cadavere dell’appena quarantaduenne fu portato nella chiesa, allora tuttavia incompiuta, di S. Maria Traspontina situata presso Castel S. Angelo. Ancel, Disgràce 153, n.). Tutte queste relazioni, che furono seguite da Bromato, dall’editore del Nores (Arch. star. Ital. XII, 344) e persino anche da Ranke (Pàpste I9, 209), sono più o meno fortemente abbellite, in parte romanzesca- mente. La relazione più autentica fu finora sconosciuta ; l’ho trovata nell’A r c h i- vio Gonzaga in Mantova ed è una * lettera di Pr. Tonina, al quale lo stesso Gasparino de Melis descrisse il corso dell’esecuzione, in data di Boma 8 marzo 1561 (v. App. n. 23). Buone notizie contengono inoltre una lettera da Boma dell’8 marzo 1561 comunicata nella citata Sentence, la relazione di Tiepolo presso Narducci, Gai. I, 322, la * relazione di Mula del 7 marzo 1561, Archivio segreto pontificio (v. App. n. 22), la lettera di Sfondrato del 15 marzo in Ardi. star. Lomb. XXX (1903), 358, la Letra de Poma del 7 marzo 1561 presso DÒllinger, Beitràge I, 354 s., V* Avviso di Boma dell’8 marzo. Biblioteca V a t i c a n a (v. App. n. 24) e finalmente l’interessante lettera che il domenicano Timoteo da Perugia mandò il 9 marzo 1561 ai suoi confratelli di Firenze, edita da H. Geisenheimer, Sulla morte del card. Oarafa (estr. dal Rosario), Firenze 1907, 6 s. (ivi è fatto anche il nome del confessore del cardinale, Francesco d’A-rezzo). Cfr. pure anche Massarelli presso Merkle II, 352 s. ; Bondontjr 540. È incerto in quale luogo di Castel S. Angelo sia avvenuta la esecuzione ; vedi Borgatti 134 s. 1 L orrido incidente diede al letterato Niccolò Franco occasione al seguente epigramma : Extinxit laqueus vix te, Carata, secundus ; Tanto enim seeleri non satis unus exit.