262 Pio IV. 1559-1565. Capitolo 60. lauti, loro padrini e manutengoli, e vietava la sepoltura ecclesiastica ai morti in duello. Persino gli spettatori del duello dovevano soggiacere alla scomunica. Seguiva poi come capitolo 20° una « severa esortazione a tutti i principi a mantenere e tutelare i diritti e immunità della Chiesa ». A questo riguardo venivano rinnovati tutti i precedenti canoni e costituzioni, esortandosi i principi a contribuire perchè i vescovi potessero risiedere con dignità e quiete. Il 21° ed ultimo capitolo conteneva la clausola che dovesse considerarsi inviolata l’autorità della Sede Apostolica di fronte a tutte le disposizioni del concilio. L’accettazione del decreto di riforma avvenne con una concordanza quasi miracolosa; solo ai due ultimi capitoli furono fatte alcune osservazioni. Dopo che ebbe durato dalle 8 del mattino fin verso le 5 di sera, la seduta, com’era già stato anche stabilito nella congregazione generale, venne prolungata al giorno seguente. Oltre ai 4 legati papali furono presenti 2 cardinali, 25 arcivescovi, 150 vescovi, 7 abbati, 7 generali d’Ordini e 11 inviati di principi. Dopo la sessione una grande maggioranza, della quale fece parte anche Guise, manifestò il desiderio di un decreto sull’indulgenza. Morone vi si dichiarò contrario temendone una nuova dilazione della conclusione del concilio ed anche una precipitazione della cosa, ma infine egli dovette cedere al desiderio generale. Sulla base di precedenti consultazioni durante la stessa notte fu composto un decreto sull’indulgenza, che il 4 dicembre di buon’ora venne presentato ad una congregazione generale ed accettato malgrado nuova opposizione di Morone.1 Poscia s’andò alla cattedrale. L’arcivescovo di Catania tenne il pontificale, dopo del quale fu avanti tutto letto il decreto sull’indulgenza. Esso dichiarava essere le indulgenze salutari e possedere la Chiesa la podestà di conferirle. Agli abusi perpetrati dai collettori dei denari delle indulgenze si ovviò con una disposizione, che interdiceva rigorosissimamente qualsiasi lucro in proposito. Sugli altri abusi in fatto di indulgenze, che per la loro molteplicità non vennero specificamente citati, i vescovi dovevano discutere in sinodi provinciali e poi riferirne al papa perchè li togliesse. Il decreto seguente trattava della osservanza dei digiuni e dei giorni festivi ; un altro dell’edizione dell’ìndice, del catechismo, del breviario e del messale, negozi questi ultimi rimessi al papa. Indi il sinodo dichiarò che dal regolamento circa il grado degli inviati osservato questa volta non potesse nè derivarne diritti ad alcuno, nè diminuirsi diritti di alcuno. Alla fine si diede lettura d’un decreto circa l’osservanza e l’accettazione delle deliberazioni conciliari. Approvati i decreti, si passò ad una nuova lettura di tutti i 1 Vedi Theiner II, 680.