272 Benedetto XIV. 1740-1758. Capitolo V. scrisse al grande inquisitore Perez de Prado y Cuesta 1 che qualora anche le opere del Noris rivelassero tracce di biasimo o giansenismo, come, a torto però, afferma la « Biblioteca dei giansenisti », ora dopo tanto tempo dalla morte del Noris (1704), non si sarebbe dovuto pensare ad una condanna, affinchè non sorgessero nuovi conflitti a turbare l’unità della Chiesa. In tale senso agì molte volte la Santa Sede. Sotto Clemente XI gli accusatori dello storico giansenista Tillemont avevano citato molti passi delle sue opere che avrebbero meritato una censura, 2 ma la Santa Sede tacque. Nello stesso modo agì Clemente XII di fronte ai bol'.an-disti e di fronte alla difesa delle quattro proposizioni gallicane fatta da Bossuet. Egli stesso aveva trovato nelle opere del Muratori molte icose da censurare o altri gliele aveva fatte rilevare; ciò nonostante egli aveva taciuto e tacerebbe. Si aggiunga che il Noris non merita alcuna censura. Quando la Storia dei pela-giani e il Trattato sul V sinodo generale dovevano venir stampati fuori di Roma, si levò da più parti l’accusa che tali libri contenessero affermazioni giansenistiche. Essi dovettero venire inviati a Roma per l’esame, ma qui non si trovò nulla da censurare. Quando i libri furono stampati, si cominciò a dire che dopo la censura romana si erano posticipatamente inseriti dei passi; a Roma si rispose col nominare il Noris primo custode della ticana. Quando maturò il proposito di nominarlo cardinale, Innocenzo XII fece nuovamente esaminare le sue opere da otto teologi e dopo ciò lo assunse fra i consultori dell’inquisizione. E siccome le obiezioni continuavano, il Noris nel 1695 dovette difendersi in cinque dotti trattati; e che la difesa fosse bene accolta lo dimostra il fatto della sua nomina a cardinale e a membro cardinalizio dell’inquisizione. Data questa situazione, la inquisizione spagnola, come rileva Benedetto, non aveva diritto di esaminare di nuovo i libri de! Noris nè molto meno di condannarli; vedesse dunque il grande inquisitore di riparare al suo errore. Sul terreno della dottrina della grazia si tolleri la dottrina dei domenicani, degli agostiniani e dei gesuiti. I vescovi e gli inquisitori non debbono badare alle censure che s’infliggono l’un l’altro i dotti nelle loro dispute, ma soltanto al fatto se queste censure siano approvato 1 11 31 loglio 1748. «IlII. Rrncdìcti l'apac XIV, XIII (Suppl ì, Mechl^J|* 1S27. 105 ss. ; Bknkdicti XIV, Aria I 554: Anal. ¿uri* poni»/. XVII 28; A" 1SS4. I 181 ». * Tillemont venne accusato da Laderchi e difeso da Giusto ro Clarorum r enei orli ni ad Ani. Maglia bcchia in... cpislolae I, xiis.