La protesta pontificia. 103 Jacquet l’ordine di pubblicare subito dopo la ratifica del trattato di pace la protesta, però senza speciale solennità, di farla registrare in un archivio di colà e di mandarla ai nunzi. La nostra protesta non sarà la sola, aggiungeva il Valenti, cosicché non dovrà fare strepito.1 Quest’ordine venne ripetuto ancora una volta il 28 dicembre 1748 e il 4 gennaio 1749, coll’aggiunta di datare il documento dal giorno detta pubblicazione, affinchè non potesse sorgere alcun dubbio che esso era stato emanato dopo lo scioglimento del congresso, giacché, chiuso definitivamente il trattato di pace, era evitato ogni pericolo che anche posticipatamente vi venisse fatta un’aggiunta circa l’investitura imperiale. Di tale opinione essere anche gli ambasciatori francese e spagnuolo in Roma. « Si lagnassero pure ed elevassero contro-proteste a Vienna, dice il Valenti, a noi basta idi aver affermato il nostro divergente punto di vista ». Al documento non era lecito fare alcuna aggiunta, perchè il Papa intendeva promulgarlo nel prossimo concistoro.2 1 * « Nostro tSign. dopo aver sentito il parere dei due Nunzi di Francia ed di Spagna, ed esaminato maturamente il prò ed il contra intorno al farsi » no la nostra protesta/ è venuto in risoluzione, che V. S. all’arrivo di questa dovendosi credere che saranno allora giunte le ratifiche del trattato, venga «Ila pubblicazione della medesima, dopo averla fatta deporre, e registrare, o in uno di cotesti pubblici archivi, o in qualche magistrato et insomma dove troverà ella piti facilità. Anche il ministro di Francia conviene che sia necessario il farsi da noi un tal atto, e V. udiziale ». Nell’ultimo riguardo il Ristretto osserva : « Questa protesta non fu «indiziale... perchè il congresso era stato senza conferenze pubbliche, senza Odiatore, senz'archivio e senza protocollo e senza luogo pubblico ove li ple-'Potenziarii si radunassero, e cosi ancor all'atto della nostra protesta dovette