287 Fortunatamente la curia romana non reagì. Nell’animo del papa maturò il proposito di convocare un concilio generale di tutto l’episcopato italiano a Ravenna, e di rimettere a questo la definizione dell’increscioso incidente, piuttosto che risolverlo con una iniziativa personale di dubbia efficacia. L’invito rivolto da papa Giovanni al duca Orso il 27 maggio 877 per far partecipare il clero veneto al concilio di Ravenna riporta in una atmosfera di sana cordialità. Non più minacce, anzi deferenti ammende delle parole troppo vivaci ; non più esclusioni di persone, rivelatrici di uno stato d’animo turbato e mal disposto. Tutti i vescovi, ordinati ed eletti, erano chiamati a raccolta, senza preferenza di sorta. Erano infine eliminati i motivi di censura personale (il caso singolo di Domenico era superato dalla maggior ampiezza del dibattito), con il vivo desiderio di restituire la tranquillità e la concordia dell’episcopato in un riesame generale della situazione. Non enim ruinam eorum cupimus, absit, sed illius stalum reformare provincie et, quidquid inter eos et metropolitanum questionis et controversie vertitur, canonice di finire (1). Si usciva dunque dal vicolo cieco dei rancori personali. Il conflitto non era più ristretto a un caso specifico, irritato da interessi individui, ma era stato allargato a un regolamento generale. Non si doveva giudicare solo l’incapacità di un uomo, contro il quale erano state sollevate accuse particolari, ma discutere il tema più complesso della legittimità di ima procedura elettorale, ormai applicata con troppa frequenza. L’invito pontificio a tutto l’episcopato veneziano, regolare o no (2), era ispirato a sentimenti di serena obbiettività. Con analogo spirito, accordando una proroga della sinodo, ribadiva al duca Orso il compito a questa assegnato, vi inter reverendum quoque metropolitanum vestrum et vos omnis altercatio discutiatur, examinetur et co-ram sancta synodo canonice terminetur (3). (1) Giovanni Vili al duca Orso, 27 maggio 877 (Monticolo, p. 326 ; M. G. H., Epist., VII, p. 53, n. 57). (2) Giovanni Vili ai vescovi di Equilo e Caorle, 27 maggio 877 (Monti-colo, p. 326 ; M. G. H., Epist., VII, p. 53, n. 58). (3) Giovanni Vili al duca Orso, 18 luglio 877 (Monticolo, p. 327 sg. ; M. G. H., Epist., VII, p. 55 sg., n. 62).