Opinioni dei vescovi sulla espulsione. 819 ¡'Ordine nel suo paese, egli menerà il colpo decisivo quale padrone ?up emo nel suo Stato senza chiamare i vescovi a consiglio. Voglio esp: imermi più chiaramente. Dagli atti processuali risulta, che taluni (gesuiti ebbero colpa nel tumulto, ma non è toerto che tutto il ci rpo sia colpevole o 1 abbia promosso. Certamente non sS può punire la colpa di un singolo sulla totalità; pure tutto il corpo ha meritato punizione, ise si considerano, oltre le prove indiziarie, del resto non forti, i mali che quest’Ordine ha già causato nel mordo e causa tuttora. Senza di esso, allo Stato ed alla religione sarebbero risparmiati tutti i pregiudizi e danni, che esso provoca. Contribuirebbe moltissimo al compimento dell’opera già spinta ass «i avanti dal ministro, se il re udisse dalla bocca dei vescovi le ste.--.se cose che ha già udito dai ministri, tanto più che il sovrano è del tutto incline a seguire l’esempio dei suoi due vicini. In Portogallo i gesuiti furono convinti di regicidio. Non basta questo attentato esecrando per prendere misure di protezione a favore del nostro monarca? Non dobbiamo agire contro questa peste della rel.gione e dello Stato prima che venga eseguito un attentato anche contro il nostro amabile sovrano? In fatto il mezzo più naturale è i ie la Corte intraprenda la cosa da sè e richieda l’appoggio di alcuni vescovi. Io voglio ancora dire in tutta segretezza, che si dis rute dell’espulsione. Ma dai vescovi di sua fiducia la Corte desidera colla stessa riserva, che essi rivolgano in segreto al re la preghiera di provvedere contro i mali inflitti alla religione da questo corpo, contro cui il sovrano ormai è pieno di diffidenza e che desidera di allontanare dai suoi .paesi. Come scriveva il vescovo di Salamanca al principio del maggio '767 al canonico Perez Bayer, un amico del Roda, egli era stato invitato tre mesi prima da un suo confratello in episcopato, insieme con i vescovi di Barcellona, Siguenza, Àvila, Tarragona, Valenza ed altri, appartenenti alla stessa scuola, a chiedere al re la cacciata dei gesuiti. Alla loro obbiezione, che un simile passo poteva condurli in una posizione falsa rispetto alla Santa Sede, era stato loro replicato, che non si esigeva che i vescovi figurassero come gli autori della decisione proposta e già presa; si trattava soltanto per loro di riconoscerla come giusta, importante e necessaria per il mantenimento della quiete e della pace nella madrepatria e nelle colonie. Egli non era così poco versato nella storia ^lla Chiesa e dell’Ordine da non poter addurre molti motivi teologici da cui apparisse chiara l’utilità e necessità dell’espulsione, anzi della soppressione della Compagnia. Già da anni egli aveva riconosciuto che la loro morale era così lassa, anzi così Perversa, che lo stesso Corano potrebbe arrossirne. Uomini dotti, Pieni di zelo e santi avevano attaccato la fama dell’Ordine. Compromesso nella sua fama, esso non era utile nè in un regno, nè