406 Neppur più tardi, quando, per altre vicende, la severità della prima condanna sarà posta in oblio, il giudizio morale verrà mitigato. L’uomo aquileiese aveva con fiducia disperso le perplessità dello smarrito popolo gradense mediante l’avallo di otto testimoni, mallevadori per lui dell’onestà di propositi. Schiuse, a questo patto, le porte del castello, introdotto buon nerbo di milizie in città, il protettore, non desiderato, dimessa ogni finzione, diede sfogo all’arbitrio, che aveva ispirato la perversa impresa. Si impadronì del tesoro, spogliò le chiese, usurpò le sacre reliquie. Non ebbe scrupolo di infrangere la santità degli altari e delle tombe e il tutto trasferì nella sua chiesa metropolitana. L’insolenza soldatesca fece il resto. Sciolta da qualunque freno, s’abbandonò a ruberie e a saccheggi ; non risparmiò da nefandezze neppur la verginità monacale ; violentò chiese e monasteri ; violò sepolcri per far bottino; accumulò iniquità sopra iniquità, delle quali le deluse popolazioni, appena Ubere dall’atroce incubo, si fecero implacabili denunziatrici (1). Assicurata la preda, l’impudente prelato si preoccupò di legalizzare il possesso, coinvolgendo, se gli fosse riuscito, la responsabilità della curia, di fronte ad avversari storditi dalla sorpresa. Al buon diritto veramente della chiesa aquileiese sopra quella gradense si prestava poco credito. I compassati e guardinghi uomini di curia non mancarono di opporre serie obbiezioni e mature riserve, a ogni buon fine, alle frequenti richieste di Poppone. L’affanno da lui dimostrato per sanare traverso un atto legale la biasimevole violenza, prima che sorgessero nuovi disordini, tradiva la consapevolezza del sopruso compiuto. Quali titoli giustificavano il presunto diritto ? essi chiesero. Il patriarca aquileiese, di rimando, asserì di esser in possesso di tanti e tali documenti da risolvere ogni dubbio e far sparire tutte le incertezze. Ma in quell’istante non fu in grado di presentarne neppur uno. Anzi era suo interesse che nessun documento fosse esumato prima di ottenere la sospirata bolla, che sancisse a suo favore il possesso di Grado. La buona fede dei contradditori giudizi, pronunciati dalla curia romana durante le diverse fasi del dibattito, è fuori di discus- (1) Atti della sinodo del 1024 (Mansi, Sacr. conci!., XIX, 492).