351 schia, riprendeva il dominio e faceva deplorare tante e troppe aberrazioni, che, oltre i danni materiali, avevano offeso il sentimento di pietà e di giustizia della coscienza pubblica. Il popolo, traviato da feroci giustizieri, appena fu ricondotto a un calmo esame delle necessità della vita, non tardò a fare ammenda dell’ errore e declinò ogni altra complicità con uomini interessati a mantenere un’atmosfera di odi e di rancori per soddisfare personali cupidigie. Adunato nel placito in S. Pietro di Castello (il consueto luogo di convegno, il palazzo ducale, era distrutto) per eleggere il nuovo duca, a lui erano guida invece l’istintivo buon senso di equità e il generoso palpito di amore (1) : ed acclamò l’uomo, che per esperienza, per pietà, per rettitudine di mente e di cuore (altri lo designò complice e anche autore dell’ atroce misfatto) offriva garanzia di rispetto ai comuni ideali, e sapeva interpretare 10 stato d’animo di accoramento subentrato, per giusta espiazione, alle amarezze di tanto furore. Nella religiosa santità di Pietro Orseolo, riluttante a diventare giustiziere o contrito per postumo rimorso, la turbata anima popolare ricercava perdono e conforto. La preghiera, la promessa, 11 giuramento di tutto il placito, alle quali il pio uomo si arrese, esprimevano la condanna del recente fallo e l’incalzante desiderio di pace e di giustizia (2). L’ambiente non era tornato del tutto tranquillo e sereno. Ancora serpeggiavano, nascosti, acidi rancori. Alla paterna saggezza del nuovo reggitore, interprete amorevole di quanto di più sano viveva nell’animo popolare, s’addiceva il compito di correggere e di estirpare i residui tralignamenti. (1) Iohan. Diac., Chronieon cit., p. 140 : in sancii Petri ecclesiam conve-neruni, ibique communi voto quemdam virum Petrum, videlicel Ursyolum cognomine, preclarum generostiate et moribus, in ducalus honorem sublimare decreverunt. (2) Fu detto che l’Orseolo fu complice della congiura (Cfr. S. Pier Damiani, Vita 8. Romualdi, cit., p. 215), ma non è seriamente dimostrato. Il diacono Giovanni (Chronieon, p. 140) altrimenti dipinge il suo ritratto : qui a 'puerili etate nil aliud quam Deo piacere studens, ad tante dignitatis provectum spandere contempnebat, timens ne secularis honoris ambitione propositum amitteret sanclitatis. tandem importune populo interpellante, non humano favore, sed to-tius reipublicae comoda huiusmodi principatus apicem accipere, non recusavit; deinde sacramentorum fide ab omnibus confirmatus, in propria domo degere voluti.