Anno DCCCXXXIII. 5i9 rendè per quefto, tanto più perchè fecretamente fu avvertito della faliìtà di quelle voci, ed efortato a tener forte per quanto poteil'e lo fcettro. Non valendo quelli mezzi, iì venne al più vigorofo-, e fu quello di ratinare nel Mefe d’Ottobre in Compiegne molti Ve-fcovi, alla tefta de’quali era Ebbone Arcivefcovo di Rems, fazio-nario di Lottario, uomo di vii nalcita, ma diuna crudeltà, che non avea pari. Videfi in tal’occaiìone con vergogna del nome Cri-ffiano empiamente impiegata da i Miniilri di Dio la fantiffima Religione , per ifpaventare e detronizzare quel mifero Principe , con indurlo a chiamarli colpevole delle feguenti imputazioni. Cioè di aver permeifa la morte del Re Bernardo fuo Nipote, e fatti monacare per forzai fuoi Fratelli naturali, tuttoché di ciò egli aveffe già fatta penitenza. Di aver contro i giuramenti rotta la divifione da lui già ltabilita dellTmperio, e affretti i fudditi a due contrarj giuramenti: dal che erano venuti fpergiuri e gravi turbazioni. Di avere in tempo di Quarefima intimata al popolo una fpedizion generale : cofa , che avea cagionata una gran mormorazione . Di aver maltrattato chi de’ fuoi fedeli era ito ad informarlo de i malanni correnti , e delle infidie a lui refe , con cacciarli in elìlio, e confìfcar loro i beni ; ficcome ancora d’ aver cagionato del discredito a i Sacerdoti e Monaci. Di aver efatto contro la giuftizia varj giuramenti da’fuoi Figliuoli e Popoli. Di aver fatto varie fped ziom militari , che a-veano prodotto tanti omicidj, facrilegj , adulterj , rapine , ed in-cendj, con oppreilion de’ poveri: mali tutti , de’quali era reo pref-fo Dio. Di aver fatto delle divifiom dell’imperio a capriccio, turbata la pace comune, armati i Popoli contra de’fuoi Figliuoli, in vece di pacificarli coll’autorità paterna, e col coniiglio de’fuoi Fedeli . E finalmente d’ aver meffo a pericolo d’infinite uccifioni i fuoi Sudditi , quando l’obbligo fuo era di proccurar loro la fallite e la pace . Con quefti mal inventati capi di reati diedero que’ Vefcovi ad intendere al pufiimo Imperadore , che era fcomunicato , è che gli era d uopo di farne penitenza, fe voleva falvar l’anima fua. La-fcioHl il mel'chino Principe trattar , come vollero que’ Vefcovi, che aveano venduta la lor c ofcienza a Lottano , con deporre la (padae le infegne Imperiali , e veffirfi di ciùccio , e vituperar le fue paffete azioni, e con pericolo di verificar l’antico proverbio : Heroum filli noxce . Quelto biffò a Lottano prr credere decaduto il Padre: benché non fidandofi di lui nè del Popolo , feguitaffe a tenerlo fotto p;ù igorofa gu irdia , fenza permettergli eli parlare , fe non con pochi deftinati al di lui feivigio. il Popolo, terminata qutita feena,. fe ne