468 Annali i>’ Italia. che l’indirizzò a Roma a Papa Leone , avendo , come i® credo , co-nofciuto , che la di lui disgrazia era proceduta dalla mala intelligenza, che paflava tra eiTo Re , & Eanbaldo Arcivefcovo dì Jorch , e i Vefcovi del Regno . Si adoperò efficacemente il iòmmo Pontefice , perchè Eardulfo foffe rimeffo fui trono , avendo fpedito apporta colà Adolfo Diacono con i Legati di Carlo Augufto . Dalla Letteci) Labbt ra Decima di Papa Leone (a) coita, che l’Imperadore fece non rotvn. Poche doglianze contra di quefto Diacono , perchè tornando indietro non fi lafciò vedere alla fu a Corte. Seguì parimente in queft’ Anno una fpedizione dell’efercito Criftiano in Catalogna contra la (b) Aflrono- Città di Tortofa per ordine di Lodovico Ile d' Aquilani a (¿), ma '^¿hviciV“’ con p°co fucceffo. E perciocché aveano negli anni addietro 1 Nor-¡>¡1 ^ manni cominciato ad infettar colle loro navi armate i littorali della Francia, male, che come vedremo, crebbe dipoi in infinito, il hnperador Carlo , che ben previde quel, che pofcia avvenne, cominciò a penfare di buon’ora al rimedio . Sotto nome di Normanni, fìgnificante Uomini del Non, cioè del Settentrione, venivano allora i Danefì, gli Svezzefi, e tutti a mio credere gli abitanti verfo il Mar Baltico , e -parte probabilmente anche della Ruffia . Si diedero que’Barbari alla pirateria, fcorrendo per mare ora nella gran Bretagna , & ora nella Germania , e nella Gallia ; e trovando gufto in quello infame meftiere , tuttodì andavano aumentando le lor forze , di modo che effendo pochi fülle prime , arrivarono poi a formar delle Flotte formidabili pel concorfo di quelle Settentrionali Nazioni , che tornavano fempre cariche di fpoglie e di ricchezze a i lor poveri e freddi paefì. Ora l’Imperador Carlo ordinò in quell’Anno, che per tutti i Fiumi della fua Monarchia , là dove sboccavano in mare , fi fabbricaiìero e teneffero pronte molte navi, per opporli , quando occorreva , alle incurfioni de' Normanni. Ma le precauzioni di quello faggio Augufto o furono mal efeguite , o non vallerò col tempo a reprimere la potenza e il furore di que’nefandi Corfari. Benché non fi fappia il tempo pre- (c) Labbc cifo , in cui Papa Leone fcriffe la Lettera Duodecima (c)a Carlo ibidem. Magno , pure fia lecito a me di farne qui menzione . Leggonfi quivi le Tegnenti parole : Mißt igitur pia Serenitas veflra Miffos fuos, ut Juflitiam nobis facere debmßent, Jed magis darnnum fe-cerunt. Il prega poi d5 interrogare di quanto era accaduto i mede-fimi fuoi Mefli, e Giovanni VeJcovo fpedito dal Papa , da’ quali potrà intendere , quia omnia, quidquid per veßrum pìum ac legale Judicium , de caußa videlicet Palatii Ravennatìs recollecla- mus ,