Anno DCCXCIX. 435 Similmente Notchero (a) racconta, che alcuni empj tentarono di 00 ATotche, accecarlo, fed divino nutu conterrai funt & retracli, ut nequaquam ocu- pf* los ejus eruerent. Finalmente Teodolfo Vefcovo di Orleans (¿), Scrit- cap. 28. tore contemporaneo, narra, che a’(uoi dì v’era chi diceva cavati 00 Theo-e miracolofamente rettituiti gli occhi al Papa* e chi lo negava, ¿/rm confettando follmente , che il tentativo fu fatto ma non efeguito. Però riflette egli : Reddito, funt? Mirum efl. Minim efl, ciuf erre nequifje . Efl tamen in dubio: fune mirer, an inde rnagis. Dimorava in Paderbona Carlo Magno colla fua Armata, allorché ebbe avvifo della venuta di Papa Leone; ed immantenente gli lpedì all’ incontro prima Adelbaldo, o ila Adelboldo Arcivefcovo primo di Colonia, e pofeia il Figliuolo Pippino Re d’Italia con affai Baroni, e molte fquadre d’ Armati. Per dovunque pafsò il Pontefice nel fuo viaggio, fu accolto dapertutto dal concorfo de’Popoli, e dalla venerazione e maraviglia d’ognuno; e finalmente ricevuto dal Re Pippino, fu condotto alla Corte del Padre. Retta tuttavia un Poemetto, dato alla luce da Arrigo Canifio (c), che tratta dell’ (c) Ca/tifius arrivo d’ etto Papa a Paderbona. Avea il Re Carlo fchierato tutto il fuo fiorito efercito, per onorare il vegnente fanto Paftore , ed "pZ'rt.u. egli fletto a cavallo gli fu all’incontro. Tutte le fchiere al comparire del venerabil Padre proftrate in terra il venerarono , chiedendogli la fua benedizione; e Carlo anch’egli fcefo da cavallo, dopo profondi inchini l’abbracciò, e baciò. Andarono poi unitamente al (acro Tempio a rendere grazie all’ Altiflìmo, indi al Palazzo; e ne’molti giorni, che il Papa fi tratenne pretto quel Monarca, i conviti e le fette furono continue. Senza fallo fra il Papa e il Re fi dovette più volte trattare della maniera di gaftiga-re e mettere in dovere i Romani. Fu confultato intorno a quello affare Alcuino da Carlo Magno , ficcome ricaviamo dalla di lui Lettera undecima , in cui gli dice , che i tempi fon pericolofi , e che nullatenus Capitis ( cioè del Romano Pontefice ) cura omit-tenda efl. Levius efl pedes tollere quam caput. Tuttavia aggiugne : Componatur pax cum Populo nefando , fi fieri potefi. Relinquantur aliquantulum mina, ne obdurati fugiant: fed & in fpe retineantur, donec falubri confilto ad pacem r-evocentur. Tenendum efi, quod habetur, ne propter acquifuionem minoris , quod majus efi, amittatur. Servclur ovile proprium, ne lupus rapax devafict illud. Ita in alienis fude-tur, ut in propnis dimnum non ptiatur. Da quefte parole volle ^dJ dedurre il Padre Pagi ( d), che Roma in quetti tempi non ri- nai.Baron. Tomo IV. E e cono-