Anno DCCLXXXIX. tavano Signoria e giurisdizione nell’Efarcato di Ravenna. Che il Patriziato Romano di Carlo Magno fofle diverfo , non apparisce ; ed Anaftafio (a) attefta, che quando Carlo Magno nelP Anno 774. (a) Anajiaf andò a Roma, il fommo Pontefice Adriano obviam illi dirigens fa~ venerandas Cruces , idejì Signa, Jicut mos ejl ad Exarchum aut Patricium fufcipiendum, euni cum ingenti honore Jufcipi fecit. Ed appena creato, Siccome vedremo, Papa Leone III. nell’Ann. 796. mox per Legatos fuos claves Confeffionis Sancii Petti , ac V ex illuni Romance Urbis, cum aids muneribus Regi ( Carolo ) mi-fìt, rogavitque, ut aliquem de fuis Optimadbus Roma m mitte-ret, qui Populum Romanum ad fuain fidem atque fubjechonem per facramenta frmaret. Quefto porgere il Veffillo, è il fegno adoperato per conferire la Signoria : il che lì può anche oflervare nelle antiche Monete de’Dogi di Venezia. Indizio di quefto fon parimente le Chiavi. Gregorio 111. Pontefice in una Lettera fcrit-ta a Carlo Martello nomina Claves Confe/Jionis beati Petri, quas vobis AD REGNUM direximus. E Paolo Diacono ( b ) fcriven- (b) Paulus do a Carlo Magno non peranche divenuto Imperadore , gli dicea: Dta‘on“s & prcccipuc Civitatis Vzjlrce Romulea: viarum, portarum &C. ad pcflum. vocabula diferta reperietis. Quefti fon paSli, che non s’accordano coll’opinione del Padre Pagi, fecondo il cui parere il Patriziato Romano di Carlo Magno portava feco folamente l’obbligo e l’onore della difefa del Papa e del Popolo Romano. Ma ne’fuoi Atti quel Monarca s’intitolava Patrizio de'Romani, cioè con titolo indicante Signoria, come l’indicava fenza fallo il chiamarfi ancora Re de’ Franchi e Longobardi. Nè dice egli Patrizio della Chiefa Romana, ma sì bene de Romani. Erano voci finonime in quefti tempi i titoli di Confole, Duca, e Patrizio, e tutte portavano Signoria, come fi può vedere ne i Dogi di Venezia, ne’Duchi di Napoli, e di Gaeta. * Dalla Lettera ottanteiìma ottava del Codice Carolino fcritta da Papa Adriano al Re Carlo, ficcome vedemmo di fopra , iì ricava, che Arigifo Duca di Benevento mandò al Greco Imperadore i fuoi Inviati, petens auxilium & honorem Patriciatus una cum Du-catu Beneventano fub integritate, promittens ei tam in tonfura quam & in veflibus ufu Grcecorum perfrui , fub ejusdem Imperato-ris didone. Cioè fi efibiva di diventar Vaifallo del Greco Augufto, godendo il dominio del Ducato di Benevento colla giunta di Napo- C c 4 li e ♦Con divertirà però, imperciocché i Dogi di Venezia erano Principi indipendenti ed eletti dal Popolo, e non riconofcevano altri Sovrani, quando i Duchi di Gaeta e di Napoli eletti a drincipio dagli Imperadori riconofcevano la di loio forranità o alto Dominio.