Anno D C L X l 11. tij terna, con tutti i fuoi andò ad attaccarla zuffa, la quale fu con vigore foflenuta lungamente da ambe le parti. Ma avendo uno de’ Longobardi appellato Amalongo, che* portava il Conto, cioè lo Stendardo Regale, con quello a due mani percoifo un Greco, levatolo di fella, ed alzatolo con elio fopra il fuo capo: il terrore a quelita viltà faltò addofso a i Greci, i quali prefero incontanente la fuga, e d’eilì fu fatta una grande itrage. Se ne ritornò Saburro Vergognato all’ Imperadore, e Romoaldo tutto lieto e gloriofo al Re fuo Padre. Ma il racconto di quella battaglia e vittoria è accompagnato da Paolo Diacono con un ut fertur: fegno, che non ne era ben certo. E veramente par cofa da non digerire sì facilmente quella galanteria di alzare in aria quel povero Greco, o vivo o morto ch’ei fofse. Certamente il buon Paolo non è avaro di lodi alla Nazion fua Longobarda. Qui poi non iì dee tacere quel che abbiamo dalla Vita poco fa mentovata di San Barbato Vefcovo di Bene-vento. Proiettavano bene'i Longobardi Beneventani la Legge di Criilo, e prendevano il facro Battefimo, ma ritenevano tuttavia de i riti Gentilefchi, come lungamente ancora fecero i Popoli Franchi. Cioè aveano in ufo di adorar la Vipera, di cui ciafcuno tenea l’immagine in cafa fua . Regnava eziandio fra loro una Superffizio-ne , confidente in riguardare per cofa facra un Albero, a cui pare, che faceffero de’fagrifizj o devoti. Attaccavano anche a i fuoi rami un pezzo di cuoio, e correndo a briglia fciolta a cavallo, gittavano all’ indietro de i dardi a quel cuoio ; e beato chi ne poteva (laccare un pezzetto: egli fel manicava con gran divozione. Barbato non peranche Vefcovo predicò più volte contra di quelle Superazioni, ma predicò indarno. Venne poi l’attedio di Benevento: allora più che mai San Barbato fi fcaldò in quello affare, di maniera che il Duca Romoaldo promife di eflirparle , fe Dio gli facea grazia di falva-re la Città da quel pericolo : del che fi fece malevadore Barbato. Perciò appena fu fciolto 1’ affedio , che il Servo di Dio , prefa un’a-cetta, corfe a tagliar l’Albero facrilego fin dalle radici, e coprì il fito di terra. Fu poi creato San Barbato Vefcovo di Benevento, e faputo, che il Duca in un fuo gabinetto feguitava a tener 1’Molo della Vipera , afpettò ch’egli andaffe alla caccia, e portatoli a Teo-derada Moglie d’effo Duca, Principeffa veramente Cattolica e pia, tanto diffe, che fi fece confegnar quell’idolo d’oro, ed immediatamente rottolo, ne fece fare un Calice e una Patena di mirabil grandezza, e placò dipoi miracoiofamente il Duca pel furto piamente a Uà fatto. S’ha nella fletta Vita, che San Barbato ricusò il dono d.i mol-