(rtierradei Fiorentini contro Gregorio XI. KivolU nello Stato pontificio. 106 rìda seguace di Gregorio XI, santa Caterina da Siena, non si fect- scrupolo di bollare colle più forti espressioni la condotta dei cattivi pastori della Chiesa» e di eccitare il pana a procedere »•nergicamente contro gli indegni «che attossicano e imputridiscono il giardino della Chiesa».* Sarebbe tuttavia ingiusto il gettare, come fa la maggior parte dei cronisti e degli storici italiani, tutta la colpa solo sui legati pontifici. I principii, coi quali si governava negli Stati pontifici, erano di gran lunga più miti di quelli, cui s’informavano gli altri governanti d’Italia. Potevansi rinfacciare a questi con più ragione che non ai legati pa|>ali lVgoismo e la slealtà. Parecchi di questi prelati furono uomini eccellenti. ma come stranieri, come Francesi, erano odiati a priori. Poco esperti del paese e degli uomini, spesso, non ostante tutta la loro buona volontà, offesero gli Italiani facili ad irritarsi e che poi non mancarono di attribuire ai legati le magagne della loro politica. * Inoltre tutto il procedere de’ Fiorentini contro Gregorio XI sta in rapporto cogli affari interni della repubblica. Ad un potente partito di Firenze, che odiava la cresciuta autorità della dominante fazione dei guelfi nobili, tornava oltremodo importuno che !» potenza territoriale pontificia si consolidasse. Temeva che si indebolisse nell’Italia media l’influenza fiorentina e quindi si valse abilmente degli errori commessi dagli amministratori papali per •ollevare lo Stato della Chiesa.* Il che accadde oltre ogni aspettazione. Già nell’ottobre 1375 insorsero Orte e Narni, nel novembre e dicembre Montefìascone, Viterbo, Città di Castello e Perugia. •Seguirono tosto il loro esempio Assisi, Spoleto, Civitavecchia, Porli e Ravenna e non erano trascorsi ancora tre mesi, che si trovavano in aperta ribellione la Marca d’Ancona, la Romagna, il ducato di Spoleto, in breve, tutto lo Stato pontifìcio. Segno caratteristico della potenza di questa corrente rivoluzionaria è il fatto, che persino i baroni che prima si annoveravano fra i più devoti * Cfr. Towwuuo IH, a 14. 159». Con renai* «Tcriti (twllrt pi A unii S Asie*!*#, «rtiwnro «Il Firenze, nel «no Chrnmlcam. t. XXII, e. I. | 1. •*r. Mi «ut 39««. * Coni (Indirà IU:ruo.xt lì. 9B7: rfr. Ili 1. 3R. 4*2 c <'n*j*i«>rii! II. aia. W*aU del {tapi arigliooeul In Italia cfr. sorbe T. HurKcxiMiarr 20 •». 1 Rn'wMT, ItrU-fe 2T-3S. L'opinione drl Renmont. cwne * «-»per**« nel "■'Tiffrll# (indizio. t miffrajcata dal numero»! dwnmrnli drirArrblrto di FI-frn*’. rbe A. Ohoukdi lui pubblicati In appeodlrv al «no laror»: /-*» gmnrnt **' Ftom»timi rom /'. (Irrgorio XI delta la tjurrra drilli Olio Wnfl (Arri. Dior. «m Atn Vtmunrm nHl'J^ ** ,l«'. KT ri miri* x (19l>4), 121 aa.