Traslazione del concilio a Ferrara. Il concilio dichiarò nulla questa bolla e minacciò al pontefice la sospensione e deposizione. Invano il nobile cardinale Giuliano Omarini cercò ancor una volta di farsi mediatore di pace. In un lungo e caldo discorso ai sinodali egli pregò instantemente perchè, deposto ogni odio e bizza, si facessero incontro ai Greci1 e man-da-sTo legati ai medesimi, ai quali bisognerebbe cedere qualora >i rifiutassero di venire a Basilea, Avignone o in Savoia. L’unione, *oioriungeva il cardinale, è la cosa principale, il luogo invece non è c he affare secondario. Inoltre essi dovevano riconciliarsi col papa per non diventare oggetto di derisione ai Greci quando arrivavano. Ma Cesarmi predicò ad orecchie sorde e allora egli coi suoi amici in numero considerevole lasciò la città del « concilio », in cui nulla più v’era da aspettare per la cristianità.* Dalla parte del papa passò parimenti un altro importante difensore della causa conciliare, il dotto Niccolò di Cusa. A causa di questo passo, egli, come gli altri teologi, che allora si staccarono da! concilio e si volsero a papa Eugenio, da molti sono stati coperti coi più amari rimbrotti ed accusati di mancanza di carattere, ma «tueste accuse vanno recisamente qualificate ingiuste, poiché Niccolò di Cusa come il Cardinal Giuliano Cesarmi, di cui l’integro carattere è altamente lodato da tutti i contemporanei, erano uomini, i quali fuor di dubbio miravano con onestà e coscienza »1 l>ene della Chiesa e avevano così zelantemente propugnato la causa del concilio soltanto per questo, che se ne attendevano la realizzazione della riforma ecclesiastica da tanto tempo desiderata. Ma essi si videro amaramente delusi in questa loro aspettativa: il corso delle trattative non fece che rendere troppo chiaramente manifesto come la maggior parte dei membri del concilio fosse luidata da meschini interessi di partito e da cieco odio verso il P®pa e contribuisse così sempre più apertamente ad uno scisma, »«bbeue in tutto l’Occidente fossero di fresco ricordo le infauste confusioni degli ultimi scismi. Che Cusa e Cesarini. date tali cir-«"tanze, abbandonassero il partito dei Basileesi e si mettessero dal lato della legittima autorità per combattere con Eugenio lo ''|sma che incombeva, costituisce semplicemente un’onorevole testimonianza della sincerità e fortezza di carattere di questi uomini, che ritennero inconciliabile colla loro coscienza favorire ancora 1 I