4*) Intitxltiziotie. furono in grado di sminuire la profonda impressione che suscitavano ovunque la severità del costume, il caldo entusiasmo e abrogazione, la potente virtù delle convincenti parole dei predi catori di penitenza.1 Non pochi di essi, dato lo spiccato gusto del popolo italiano per la forma, trovarono tanto maggior favore perchè univano lo splendore rettorico allo slancio religioso. Sotto questo riguardo è sommamente significativo il fatto che Bernar dino non disdegnò in età avanzata di studiare sui modelli degl antichi l'arte del dire presso l’umanista Guarino, cosa che esegu: ancor più profondamente il più illustre suo discepolo e successore. il già nominato AÌberto da Sarteano. ’ L’attività di questi predicatori di penitenza, altamente stimati e cercati dal popolo ed anche da principi affatto mondani.* e calorosamente favoriti dai papi, specialmente da Eugenio IV e da Niccolò V, è stata troppo poco studiata sinora. Chi s’accingerà a scrivere la storia della predicazion« nell’Italia del rinascimento, farà vedere che lo zelante ministero della predicazione esercitato con somma franchezza è uno del fatti più consolanti di quell’età, che nel reato presenta tanti Iati oscuri. Qui appunto si manifestò che nella vita ecclesiastica cominciava a muoversi un nuovo e fresco spirito. Per l’Italia e per gli altri paesi della cristianità si hanno abbondanti prove che non risuonarono senza effetto i tanti gridi di minaccia e di ammonizione. Forse nessun tempo offre esempi si irnienti della conversione di tutte le classi del popolo, di intiere città e provincie. come il secolo di cui scoprirono senza riguardo i terribili mali Vincenzo Ferreri, Bernardino da Siena. < I:» Mutua iliMannilf l'altmhar ni i|W»lo fatto U Iti mn.ittai>T Cattar II'. IM*» a qnnto *rndlto II mwrtlo di a tv re pel primo la*! «Ilio ma iwhr. aia 4(alfraiill |ar<4r atri pnMW-atud di praliraa iWII'nl dri Hi uarlniMlu. l'fr Mrhr Si moxv* .Vela, r M ut Mia II. lM»a. IVr n»<>-wir an>ko> I pmllratart iM gMllmmito aarWdw AaltlrwWlr la pohidl i-ailonc «Irllr l«m prwllrhr lltlMar. Hhr n4lr lattar, la (arto >laatalr. a'at »ora HA rbr frr qarllr di a. RmtHla» |t. Tai arii l'in.i> 380». U hltitMavha llatlaar nalratflw amilo BMtrrlale la t***"ait<* di rat hn px* fu «tamialiv raat ad aa. ilayar fmlMr a amadr la Uaya« rolfmrr di da«* irlrtrt /raarraraai èri imh IV prr \lia ti4it« a* l'itimi t fra lo ISSI | M manuarrilfl drllr i**«ttrl«r di a. Olaraaan dalla Marra a iloalrpraadai« a ijuarirrhl » «Huaaln dWan» la 11«. Ubo I. « |vn> *f» il prtart#*» lutati tutti «Il arrhltl Mia rllll Italia ar lrv*#»r arrtwr MTaprta a**» lalrmnalr > Vr.ll StaaiaiM. IM eneo** di Oaanaa u'ataala IWi |t l#>« * «*fr la Mtm al U^araa»