Decadenza morale. Sforzi di Urbano V per le riforme. 103 v eiezioni, 3eguì l’andazzo del tempo.1 Sotto Giovanni XXII le >pese aumentate dai nuovi bisogni erano tuttavia relativamente non alte in confronto colla spesa totale per gli scopi ecclesiastici generali, ma sotto Clemente VI esse crebbero in modo così sorprendente, che bisogna tenerne conto nel giudicare le già accennate operazioni finanziarie dei papi. La rovinosa potenza dell’oro si fece subito sentire nel modo più tremendo. Alvaro Pelayo, da testimonio oculare, racconta come gli impiegati della Curia non si lasciassero fuggire alcuna via d’arricchire, come nessuna udienza e spedizione si potesse ottenere senza denaro, come si dovesse cercare di conseguire con ogni sorta di doni persino l’ammissione alle 'acre ordinazioni.2 Questo sistema di corruzione, che in minori proporzioni fu seguito anche nella maggior parte delle Curie diocesane, ebbe per effetto, che ottennero dignità ecclesiastiche numerose persone inette ed indegne. La vita ecclesiastica fu trascurata ; nè da molti si curò, nonostante le severe disposizioni sinodali, l’obbligo della residenza, poiché in ciò il basso clero imitava il cattivo esempio dei prelati superiori; la disciplina e la moralità, special-mente il celibato, decaddero spaventevolmente ; in luogo della semplicità e castità sacerdotale subentrarono il fasto e la sensualità.11 Su questo punto intervenne con abilità ed energia Urbano V, uomo di santa vita. Egli conobbe chiaramente che anzitutto dove-vasi intraprendere una riforma del clero. Con rigore procedette non solo contro le dottrine erronee,4 ma anche contro gli ecclesiastici immorali e simoniaci e contro i monaci indegni. Da lui furono rinnovati i decreti, da lungo tempo trascurati a danno della Chiesa, sulla tenuta dei concilii provinciali. Furono tolti i vergognosi abusi dei procuratori ed avvocati della Curia, i benefìzi vennero conferiti solo a persone degne, fu vietato il cumulo delle prebende. 5 Urbano V volle trasformare la Corte papale in modello di vita cristiana e perciò sorvegliava la condotta morale del suo seguito e di quanti lo avvicinavano. Segno caratteristico della buona impressione fatta da Urbano V è il fatto, che il popolo subito dopo la sua morte cominciò a venerarlo come santo." Era schietto e semplice per natura e oltremodo regolato; odiava la * Schwab 38-39. Ofr. Maünan 139 ss. e Cipolla 157. s Ai.vab. Pelao. liti. II. art. 15. * Schwab 39-40, S3. Ofr. anche Hau urani 129 8., 133«.. 164 e H. 8. 1>e-Mfle, Tautcrg Rrkrhruny I St nLsstiu r„r 1879) 131-133. * (*fr. Ravxal» 1868, n. 27: 1866, n. 17: 1368. n. 16-18: 1369. n. 12. 13; 1*70, ». 16. * Cnnnom II. 266-269. Magxax 147*. I-osami. KIrchrnpolUtir Kng-*»"'«4 I, 30.: Hau-kr 1. 156ss. * Vedi Itomi: in ¿Ire A ir. /. hill.- u. Kirchenyatch. IV. 349».; Mkiuu.»:, fondi. Trid. I. FrUnirsi Brisg. 1901. 225. n. 1.