500 Alessandro VII (1655-1667). Capitolo V. lisrao 1 e nella bolla su accennata si era espresso iu favore di questo.2 Come si racconta egli avrebbe pensato ad un’apposita Costituzione, nella quale fossero chiariti i principi da seguirsi nella decisione di casi di coscienza. Però, per consiglio del cardiual Pallavicino, egli si accontentò il 24 settembre 1665 e 18 marzo 1666 di condannare una serie di proposizioni che andavano troppo avanti. Dei 45 errori condannati alcuni combaciano con le proposizioni combattute da Pascal,3 alcune sono d’importanza per una più esatta circoscrizione del probabilismo;4 degU altri la più parte si riferiscono ai doveri del sacerdote, all’amministrazione del sacramento della confessione, alla recita del breviario e della, messa. L’introduzione del decreto usa termini energici contro « l’arbitrio di spiriti stravaganti » che va ogni giorno crescendo. Opinioni contro la severità della disciplina cristiana e la salute delle anime vengono dall’oblio ridestate a nuova vita o di nuovo formulate in contrasto con la semplicità del Vangelo e con la dottrina dei padri; se questa maniera d'opinione venisse accettata dai fedeli come regola sicura, ne deriverebbe un’immensa rovina della morale cristiana. In maniera simile del resto si era espressa già prima la direzione dell’ordine dei gesuiti. Già nel 1617 il generale dell’ordine Vitelleschi aveva lamentate le troppo libere opinioni di alcuni gesuiti ed esortato a tenersi alle opinioni che sono più sicure e vengono difese dai più reputati teologi.5 Il secondo successore di Vitelleschi, Piccolomini, sa nel 1651 di lagnanze contro alcuni i quali inclinano ad opinioni troppo libere e presentano nuove idee o riesumano dall’oblio opinioni da lungo tempo dimenticate.* Nella seguente nomina del generale viene richiesta come qualità ne cessaria dell’eligendo, che egli trattenga energicamente i suoi subordinati da opinioni lassiste.7 Il generale dell’ordine di nazionalità tedesca, Gosvin Nickel, rinnova questi ammonimenti nel 1654 e di nuovo il 12 maggio 1657. In quest’ultimo scritto il riferimento alle lettere provinciali è manifesto. Nessuna accusa, vi si dice, viene in questo tempo lanciata dai giansenisti e da altri avversari con gesto così trionfante come quella di professare dottrine morali lassiste. Non si dia perciò alcun pretesto a coloro che lo cercano. Si rimprovera ai nostri teologi di dar troppo peso a sottigliezze e di non tener abbastanza conto della pietà; che essi sono deviati 1 Texillus (in De Blic 350) qualifica ciò come cosa del tutto notoria. 2 Vedi sopra p. 498, n. 3. 5 N. 1, 17 s. 4 N. 26, 27. 5 In Dòllinger-Reusch I 32. * Instit. Soc. Jetiti II, Pragae 1705, 226. T «fNe] lasi adeo sint in opinando circa res murales, cum karuin disciplina rum dedecore, eonscientiae et externorum offensione » (in Astkàin VI 145).